Accettando, qualche mese fa, con grande piacere l’invito di Fabio Minazzi a partecipare al Convegno odierno non avevo probabilmente valutato sino in fondo tutte le insidie che il tema concordato «Costituzione e costituzionalismo in Carlo Cattaneo» poteva presentare per il giurista costituzionalista, insidie che, toccando il metodo e il merito dell’argomento che dovrò affrontare, vanno immediatamente segnalate in esordio della relazione.
Sì, perché un primo aspetto che mi sento di enfatizzare, con una relativa sicurezza, è che Carlo Cattaneo non sia (stato) uno degli autori maggiormente indagati dagli studiosi del diritto costituzionale, anche da parte di quelli che hanno affrontato un tema a lui assai caro, quello del federalismo. Ragion per cui una prima parte del mio intervento tenterà proprio di dar conto di quanto, delle opere di Cattaneo e del suo pensiero, traspaia concretamente in lavori scientifici di matrice costituzionalistica.
Sotto un diverso profilo, poi, già il titolo della relazione pone in evidenza due questioni problematiche che, applicate a un autore come Cattaneo, rischiano di mostrarsi, appunto, piuttosto scivolose.
«Costituzione» in Carlo Cattaneo vuol dire, infatti, cercare di cogliere se in Cattaneo sia stata effettivamente presente l’idea della costituzione come fonte suprema dell’ordinamento di uno Stato, con tutte le ipoteche proprie dell’Ottocento liberale, nel quale, se si diffondono le costituzioni concesse dai sovrani, rimane però la legge parlamentare, espressione della volontà generale, a rappresentare la fonte del diritto per eccellenza, tant’è che, a parte l’eccezione statunitense, quelle costituzioni, flessibili, possono essere modificate con lo stesso procedimento con cui viene approvata la legge ordinaria parlamentare. Certo proprio il richiamo alle vicende statunitensi, conosciute e apprezzate dal Cattaneo, potrebbe costituire un elemento indiziario nel dare una risposta positiva alla domanda che si è appena posta. Ma di questo si tratterà più avanti nella relazione.
«Costituzionalismo» in Carlo Cattaneo, a sua volta, costringe a verificare quanto le molte radici della pianta rappresentata dalla libertà abbiano portato Cattaneo a riflettere su quell’art. 16 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789 («Ogni società in cui la garanzia dei diritti non è assicurata e la separazione dei poteri non è determinata non ha costituzione»), che, attraversando tutta la storia dell’Occidente, ha portato ad affermare l’esigenza insopprimibile di costruire congegni che limitino e circoscrivano l’esercizio del potere (non solo politico), qualsiasi sia la sua fonte di ispirazione, come baluardo ultimo della garanzia stessa delle libertà fondamentali contro il tiranno e, con qualche non lieve variazione sul tema, altresì come elemento in grado di fornire un originale titolo di legittimazione agli ordinamenti politici, di stampo liberale e poi democratico e democratico sociale. […]
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Di seguito si riporta il sommario del saggio: 1. Rilievi introduttivi e piano del lavoro 2. Carlo Cattaneo nella dottrina costituzionalistica. Perché Cattaneo non può essere considerato un autentico giurista? Cattaneo e il «costituzionalista» Romagnosi 3. (Segue): Carlo Cattaneo nei lavori dell’Assemblea costituente (cenni) 4. L’idea di costituzione in Carlo Cattaneo. C’è in Cattaneo il principio della superiorità della costituzione sulla legge parlamentare? Costituzione formale e costituzione materiale: spunti. Il giudizio (non positivo) sullo Statuto Albertino 5. Il costituzionalismo di Carlo Cattaneo. Il recepimento del principio della separazione dei poteri: separazione dei poteri in senso orizzontale e in senso verticale. Una posizione critica sulla rivoluzione francese. Il federalismo come strumento di limitazione del potere a garanzia del valore della libertà 6. Qualche conclusione