Il quadrimestre preso in esame in questo numero della rivista rappresenta uno spartiacque per la recente storia del Regno Unito, soprattutto perché il referendum sulla Brexit ha dato il via ad un processo irreversibile che porterà all’uscita del Regno Unito dall’Europa. Il risultato referendario, anche se estremamente traumatico, non costituisce tuttavia l’unico elemento di rottura, dato che molteplici sono gli eventi di questi mesi che sembrano porsi in netta discontinuità rispetto al passato. In realtà le elezioni locali e quelle per il rinnovo delle assemblee della devolution tenutesi all’inizio del mese di maggio non avevano comportato grossi cambiamenti, dando la sensazione che tutto fosse sospeso in attesa del referendum sulla Brexit del 23 giugno. In Scozia aveva vinto per la terza volta consecutiva lo Scottish National Party, pur mancando l’obiettivo della maggioranza assoluta ottenuta nella precedente legislatura. In Galles il partito laburista si era confermato primo partito, mentre in Irlanda del Nord erano stati rispettati gli equilibri tra i partiti unionisti e nazionalisti della legislatura precedente.
Traumatico è stato, invece, il voto referendario del 23 giugno, il quale ha avuto l’immediato effetto di far cadere il governo Cameron e di portare alla nascita del nuovo governo conservatore guidato da Theresa May che si dovrà occupare della complessa questione dell’uscita dall’Unione Europea. Nel governo siedono insieme le due anime dei conservatori i Leavers e i Remainers e non è detto che sarà facile per la premier mantenere l’equilibrio tra le parti. Appare interessante notare che il partito di opposizione non è riuscito ad approfittare della crisi di governo per mostrarsi all’elettorato come concreta alternativa all’esecutivo in carica, nel rispetto del modello Westminster, dato che esso stesso è stato travolto da una crisi interna. Le divisioni nei laburisti hanno anche portato, nel mese di agosto, ad un ricorso di fronte alle corti, chiamate ad esprimersi in merito alle regole del partito sull’elezione del leader. Il conflitto si sarebbe potuto risolvere attraverso un accordo politico. Appare emblematico della difficile situazione del partito, il quale – secondo alcuni – rischierebbe addirittura la scissione, che a ciò si sia preferito il ricorso alle corti. Nella storia recente del Regno è la prima volta che i due principali partiti si sono trovati ad affrontare parallelamente una crisi interna e la rielezione del leader.
La debolezza dei partiti si ritrova anche nel rapporto tra governo e parlamento, rapporto che era già cambiato nel corso della precedente legislatura grazie all’esperienza del governo di coalizione, durante la quale i backbenchers avevano mostrato una maggior indipendenza rispetto alle direttive provenienti dai vertici dei gruppi. In materia di Brexit la maggioranza dei parlamentari sia ai Comuni che ai Lords è contraria all’uscita, mentre il governo May – diviso sul tema – si è impegnato a dar corso all’esito referendario. Inoltre parlamento e governo hanno una visione diversa del ruolo che dovranno svolgere in detto processo, tanto che sarà interessante conoscere l’esito delle diverse cause di judicial review su cui si pronuncerà la High Court nel mese di ottobre, cause in cui è stata contestata la scelta dell’esecutivo di attivare la procedura di recesso dall’Unione Europea, prevista dall’art. 50 del Trattato di Lisbona, senza un preventivo voto del parlamento. […]