A pochi mesi dalle elezioni presidenziali del prossimo aprile, a dominare la scena politica dell’ultimo quadrimestre del 2016 sono state le elezioni primarie e gli scenari aperti della corsa all’Eliseo: con la sfida lanciata da Fillon uscito vittorioso dalle primarie de Les Républicains lo scorso ottobre; con la rinuncia di Hollande, giunta ad inizio dicembre, a ricandidarsi e la conseguente immediata discesa in campo di Valls che si è dimesso dal Governo in vista delle primarie del Partito Socialista del 22 e 29 gennaio; con, infine, Marine Le Pen, leader e candidata naturale del Front National, pronta alla sua campagna elettorale più importante.
In linea con la logica presidenzialista della Quinta Repubblica che vede nell’elezione del Presidente della Repub blica, clè de voûte dell’ordinamento francese, il momento fondante dell’assetto dei pubblici poteri, la selezione delle candidature alla presidenza della Repubblica, ha costituito il terreno privilegiato su cui negli ultimi mesi si sono confrontate le forze politiche in campo. Un serrato confronto, in primo luogo, interno al singolo partito ma anche, e soprattutto, una sfida esterna che ha confermato come lo strumento delle primarie stia diventando sempre più uno strumento, non solo per la selezione dei candidati, ma un momento elettorale ben preciso con sue regole e sue specifiche ricadute in vista del momento elettorale vero e proprio. Una sorta di allungamento della campagna elettorale capace di amplificare per mesi il dibattito politico.
Le primarie aperte per le presidenziali sono dunque diventate un momento che, dopo essersi imposto per la prima volta nel 2011 con il Partito Socialista, si sta trasformando in uno strumento capace di mobilitare milioni di elettori e dunque di segnare anche il livello di partecipazione democratica, così come dimostra l’importanza data dai francesi con l’alta affluenza. […]