L’insperata fortuna tardiva del diritto parlamentare registratasi in questi ultimi anni non può certo far cadere nell’oblio il travagliato percorso che ne ha caratterizzato l’autonomia scientifica e didattica. Per molto tempo, anche dopo l’entrata in vigore della Costituzione del 1948 – che pur come noto contempla una forma di governo spiccatamente parlamentare – gli studi di diritto parlamentare sono stati confinati prevalentemente in ambiti di nicchia, spesso ad opera di autori pionieristici, quasi sempre provenienti dalle burocrazie parlamentari, come ad esempio Vincenzo Longi e lo stesso Federico Morof (cui si deve il primo tentativo di testo di tipo manualistico in senso lato: Trattato di diritto e di procedura parlamentare, edito nel 1948 dalla tipografia Bardi del Senato) e forse sono stati tenuti in vita soprattutto grazie alle c.d. riviste parlamentari (quali Montecitorio, Parlamento, Responsabilità e dialogo, Studi parlamentari e di politica costituzionale, Rassegna parlamentare e in parte anche Studi politici e Nuovi Studi politici).
La stessa manualistica – oggi così fiorente e cospicua[1] – deve attendere almeno il 1973, quando per i tipi della Giuffré viene pubblicato il testo di Vittorio Di Ciolo (incaricato della materia presso la facoltà di scienze politiche della Sapienza di Roma): Le fonti del diritto parlamentare, a metà fra un manuale, una raccolta di fonti ed un commentario. Ai fini di un testo universitario di tipo tradizionale, nel 1974 sempre la casa editrice Giuffré pubblica: Diritto parlamentare, il primo vero e proprio “manualetto” di diritto parlamentare nel senso compiuto del termine (circa 400 pagine) per la penna di Silvano Tosi (straordinario della materia a Firenze). Infine, nel 1977 viene pubblicata la fortunata opera: Il Parlamento di Andrea Manzella (edizioni Il Mulino), in cui lo stile divulgativo e la brillantezza della prosa non offendono la precisione giuridica della ricostruzione di istituti e di procedure.
Ma per comprendere appieno il fil rouge che lega l’oscurità primordiale agli odierni albori del diritto parlamentare risultano a nostro avviso emblematici due saggi – ai quali si rinvia tourt court -, che parlano la stessa lingua pur essendo stati scritti a più di un secolo di distanza: Per una cattedra di diritto parlamentare (1898) di Vincenzo Miceli[2] (v.infra) e Una ripresa degli studi sul Parlamento? (2003) di Nicola Lupo[3], il quale – oltre a soffermarsi sull’apporto degli studi comparatistici, della scienza politica e della ricerca storiografica – ha posto in risalto il contributo degli stessi costituzionalisti, che non par hasard nel 2000 avevano dedicato il XV convegno annuale dell’AIC proprio al tema: “Il Parlamento”[4]. […]
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SOMMARIO: 1. Premessa – 2. Perugia: l’embrione – 3. Firenze: il primo incarico e il primo concorso – 3. Roma: il consolidamento definitivo