Massimo Luciani, Il futuro dell’Europa. Note a margine

Mi è stato chiesto di parlare del futuro dell’Europa, tirando le “conclusioni” (così si scrive nel programma) di un Convegno di rara intensità come quello organizzato dalla Fondazione Paolo Galizia. Ci vorrebbe una totale mancanza di
senso del ridicolo per pretendere di adempiere davvero a un simile compito, sicché (confidando di averne un po’, di quel senso) preferisco attestarmi su minori pretese, accennando ad alcune piste di riflessione, senza alcun intento “conclusivo”. Prima di azzardare qualunque considerazione sul futuro, tuttavia, occorre fissare alcune premesse sul passato e sul presente (fermo restando che, nell’esperienza giuridica, come ha osservato Marco Benvenuti, tutte le dimensioni temporali s’intrecciano.

2.- È nel passato che dobbiamo scavare se vogliamo sapere se qualcosa chiamato “Europa” davvero esista. Molte, infatti, sono le voci scettiche.
Anzitutto, si dubita dell’identità geografica dell’Europa, i cui confini sarebbero incerti: a est- nordest si ferma al Don, al Volga, agli Urali, al Caucaso? E a sud est abbraccia o no almeno una parte della penisola anatolica? E perché a ovest comprende isole come la Gran Bretagna, l’Irlanda, l’Islanda, le Fær Øer e non, invece, la Groenlandia?
In secondo luogo, si dubita della sua identità storica. Si nega la narrazione di una storia comune europea, osservando che, pel profilo storico, un destino comune ha legato a quelli che oggi chiamiamo europei più i popoli del Mediterraneo meridionale e orientale che non quelli del profondo nord. Oppure rimarcando la proiezione atlantica, più che continentale, di un importante Paese al di là della Manica. O, ancora, facendo leva sul fatto che la storia comune europea non sarebbe altro che un continuo tentativo di reciproca sopraffazione, non di cooperazione, di solidarietà e di pace. Infine, anche l’identità culturale europea è messa in dubbio: si rimarcano le divaricazioni fra le varie tradizioni culturali nazionali; si mette in discussione la possibilità di una cultura comune senza una lingua altrettanto comune; soprattutto si fa leva sui rapporti con […]

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