Con la legge n. 106 del 6.06.2016 è stata fornita la delega al governo per la riforma del terzo settore, con l’idea non solo di riordinare e razionalizzare la normativa esistente ma di costruire “un rinnovato sistema che favorisca la partecipazione attiva e responsabile delle persone, singolarmente o in forma associata, per valorizzare il potenziale di crescita e occupazione, insito nell’economia sociale e nelle attività svolte dal cosiddetto terzo settore”.
Quindi la riforma sembra essersi posta come finalità non solo un riordino del sistema, ma una ridefinizione di linee di strategia e di sviluppo, un “nuovo modo di guardare al terzo settore” riconoscendone la funzione di interesse generale “quale protagonista nell’attuazione dei principi costituzionali della solidarietà e sussidiarietà”, con la finalità di non ridurre la categoria degli enti del terzo settore solo a quelli che svolgono finalità non lucrative, bensì volta a porre al centro della loro attività il perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociali. Essa è stata attuata con il D. Lgs. 3.07.2017 n. 117“Codice del terzo settore, a norma dell’articolo 1, comma 2, lettera b) della legge 6 giugno 2016 n. 106.” Nonostante il principio espresso nella legge delega di “operare una semplificazione del regime giuridico, il testo mantiene e per certi versi accentua gli elementi distintivi delle diverse figure che compongono il non profit[7]”. Ossia, benchè il termine “settore” richiami la presenza di caratteristiche omogenee, viceversa per i soggetti destinatari della riforma del terzo settore (elencati all’articolo 4 del d.lgs. n. 117 del 2017) non sono state introdotte regole uniformi, mantenendo un assetto differenziato (già presente nella precedente disciplina) per le organizzazioni di volontariato (in cui l’azione è volontaria e gratuita), di promozione sociale e di mutuo soccorso e per le cooperative sociali o imprese sociali che sono caratterizzate dalla produzione e lo scambio di beni e servizi.
Tale assetto differenziato appare il frutto della scelta del legislatore che non ha inciso sull’uniformazione della configurazione soggettiva organizzativa del terzo settore bensì sulla specificità dell’attività svolta, come appare deducibile dalla lettura dell’articolo 5 del d.lgs. n. 117 del 3 luglio 2017, ove sono state individuate le attività che gli enti del terzo settore sono chiamati a svolgere, precisando che i suddetti enti le devono svolgere per il perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale. […]
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Sommario: 1.Premessa- 2. Il Terzo settore e la disciplina dei contratti pubblici – 3.1. L’articolo 55 del d.lgs. n. 117 del 2017: dubbi sulla disciplina applicabile alla co-progettazione tra Terzo settore e codice dei contratti pubblici. – 3.2. Le convenzioni con le organizzazioni di volontariato o le associazioni di promozione sociale – 3.3. L’evoluzione della giurisprudenza della Corte di Giustizia sull’affidamento diretto dei servizi sociali con convenzione: il bilanciamento tra il principio di solidarietà e di concorrenza – 3.3.1. Il coordinamento tra la disciplina dell’articolo 56 del d.lgs. n. 117 del 2017 ed il codice dei contratti pubblici- 3.3.2. Il regime “riservato” degli appalti di servizi sociali – 3.3.3. Gli appalti di servizi sociali secondo la disciplina dell’articolo 142 del d.lgs. n. 50 del 2016 come modificato dal d.lgs. 19 aprile 2017 n.56. Le concessioni di servizi sociali. Cenni – 4. La disciplina del servizio di trasporto sanitario di emergenza e urgenza -5.1. Il terzo settore e gli affidamenti alle cooperative sociali – 5.2. La disciplina degli appalti e concessioni riservati agli operatori economici ed alle cooperative sociali e loro consorzi nell’articolo 112 del d.lgs. n. 50 del 2016