Ilmira Galimova, Recensione a D. Hutcheson, Parliamentary elections in Russia: a quarter-century of multiparty politics, Oxford University Press, 2018, pp. 356

«Why study Russian elections? » (p. 1). Con questa domanda apre la sua indagine sulle elezioni parlamentari russe Derek Hutcheson, l’Autore del volume “Parliamentary Elections in Russia: A Quarter-Century of Multiparty Politics” pubblicato recentemente da Oxford University Press nell’importante collana della British Academy. La domanda che pone il giovane e promettente studioso, ex-allievo del professore Stephen White e attualmente professore associato dell’Università di Malmö (Svezia), non sembra affatto scontata visto il continuo declino delle istituzioni rappresentative ed elettorali in Russia negli ultimi decenni. È vero che lo Stato russo ha attraversato una transizione “difficile” verso la democrazia, nel corso della quale valutazioni ottimistiche del regime politico hanno lasciato posto a commenti più moderati e a visioni contrastanti. Si è notato, tra l’altro, che il famoso effetto democraticizzante delle elezioni (“democratization through elections”) spesso citato nella letteratura della “transitologia” non si è verificato nel Paese, dove esistono elezioni pluraliste ma mancano reali possibilità di alternanza al potere. La domanda sull’importanza dello studio delle elezioni sembra ancora più legittima se si tratta di modelli istituzionali come quello russo. Si pensi all’iperpresidenzialismo russo che attribuisce ampi poteri al Capo dello Stato e sfavorisce lo sviluppo di party-based politics (infatti, il Governo russo non ha una “colorazione” partitica). Il potere legislativo, in tale sistema, assume una posizione subordinata di fronte ad un esecutivo forte ed è questa una delle ragioni per cui alla Russia si imputa che il suo Parlamento invece di essere l’organo di rappresentanza svolge un ruolo di façade (p. 5). […]

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