A seguito della turbolenta fase di formazione della compagine governativa a guida di Giuseppe Conte (quadrimestre maggio-agosto 2018), il governo giallo-verde è stato chiamato alla prova dei fatti.
Dopo una lunga complessa fase di gestazione, ripercorsa nel precedente fascicolo di questa Rivista, si è costituito un governo bipopulista perfetto, caratterizzato dalla compresenza di due unità politiche populiste antisistema (Movimento 5 Stelle e Lega). Le stesse, oltre a cavalcare il malcontento popolare su questioni particolarmente sensibili (immigrazione, Unione europea, etc.) trovano la propria forza legittimante nel comune obiettivo di delegittimare le altre forze politiche tradizionali – considerandole antisistema –, a loro volta impegnate nel tentativo di mantenere la propria identità e di resistere alle tattiche di estromissione, rivendicando la propria permanenza all’interno del sistema politico italiano. Gli entusiasmi iniziali, manifestati dai due azionisti della maggioranza Salvini e Di Maio, impegnati a rispettare rigidamente il contratto di governo – più volte riformulato e siglato nelle settimane avvenire rispetto all’esito delle elezioni –, sembrano in procinto di
sgretolarsi da un momento all’altro.
Difatti, è spesso capitato nel corso di questi mesi, rispetto a tematiche e argomentazioni diverse, che i due esponenti politici di primo piano abbiano ritenuto necessario verificare la tenuta del patto di governo attraverso riunioni informali. In questo senso è emerso in tutta la sua limpidezza il ruolo di mediatore politico del Presidente del Consiglio. Lo stesso infatti, tenuto conto del comportamento assunto nei mesi precedenti, sembrerebbe aver valorizzato quel principio monocratico insito nella compagine governativa e che ancora caratterizza tale carica, erigendosi a elemento di equilibrio all’interno della collegialità ministeriale. Tale atteggiamento potrebbe essere ricondotto a una delle posizioni espresse da alcuni Padri costituenti1 in sede di dibattito e di elaborazione della Carta costituzionale. Difatti, in occasione della formulazione del testo dell’art 95 Cost. diverse sono state le posizioni espresse: alcuni hanno evidenziato la necessità che il Presidente del Consiglio dovesse avere una posizione di primus inter pares ereditata tralaticiamente […]