Valeria Piergigli, La Corte Costituzionale e il doppio salto mortale mancato. Alcune osservazioni a margine dell’ordinanza n. 17/2019

Con l’ordinanza in oggetto la Corte costituzionale ha riconosciuto la legittimazione dei singoli parlamentari a sollevare un conflitto di attribuzione. Dunque, il parlamentare uti singulus riveste la qualifica di “potere dello Stato”, ai sensi dell’art. 37, comma 1° della l. 87/1953. É la prima volta, nella storia della giurisprudenza sui conflitti, che la Consulta si spinge a tanto pur non essendosi in passato, in analoghe occasioni, mai preclusa tale strada. A fronte di questa significativa novità, il conflitto è stato tuttavia ritenuto inammissibile, con ciò confermandosi la linea di condotta che finora non ha consentito l’instaurazione della successiva, ed eventuale, fase del merito per i conflitti promossi da membri del Parlamento a causa di presunte usurpazioni o menomazioni delle attribuzioni loro costituzionalmente garantite.

Nella fattispecie in esame, a promuovere il conflitto erano 37 senatori che agivano sia in veste di singoli parlamentari, sia in quanto componenti di un gruppo parlamentare, sia infine in qualità di minoranza qualificata pari ad (oltre) un decimo del totale dei componenti del Senato. Il conflitto era sollevato nei confronti del Governo, del Senato e di articolazioni interne della assemblea stessa (presidente della Commissione bilancio del Senato, conferenza dei presidenti dei gruppi parlamentari del Senato, presidente del Senato). La menomazione del potere – perché di questo si trattava – che i ricorrenti lamentavano atteneva alle modalità di approvazione del disegno di legge annuale di bilancio per il 2019. Essi domandavano pertanto alla Corte costituzionale di «ristabilire il corretto esercizio delle competenze costituzionalmente attribuite» (ord. 17/2019, punto 3 rit. fatto) ed asseritamente violate, pronunciandosi per la “non spettanza” agli organi citati degli atti e comportamenti adottati, mentre si astenevano dal richiedere l’annullamento del disegno di legge.

L’iniziativa, come precisavano i ricorrenti, non era diretta a sindacare il contenuto del disegno di legge annuale di bilancio, giacché altra dovrebbe essere eventualmente la via da intraprendere, ma a denunciare l’iter col quale il Senato aveva adottato quel testo e cioè in dispregio delle norme costituzionali sul procedimento legislativo che stabiliscono, per l’approvazione della legge di bilancio, l’obbligo della procedura ordinaria con esame in commissione in sede referente (c.d. riserva di assemblea) e successive discussione e votazione in aula (artt. 72, 81 e 97, comma 1). […]

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