Il 29 aprile si è tenuto un summit a Berlino su iniziativa del cancelliere tedesco Angela Merkel e del Presidente francese Emmanuel Macron per valutare e approfondire il dibattito intorno alla crescente instabilità politica nell’area dei Balcani Occidentali. L’incontro, al quale hanno partecipato i Capi di Stato e di governo dei Paesi interessati e l’Alto Rappresentante dell’Unione Europea per la politica estera e di sicurezza Federica Mogherini, si è confermato essere in linea con i precedenti vertici europei degli ultimi anni e non ha quindi introdotto o portato all’attenzione nuove e possibili strategie risolutive.In particolare, è totalmente fallito il tentativo franco-tedesco di avviare una nuova fase di riconciliazione tra Serbia e Kosovo per risolvere il recente inasprimento della crisi emersa a fine novembre a causa di una campagna promossa da Belgrado contro il riconoscimento internazionale del Kosovo alla quale Pristina a risposto innalzando inizialmente al 10% i dazi su tutti i prodotti provenienti dalla Serbia e dalla Bosnia-Erzegovina – altro storico oppositore dell’indipendenza del Kosovo – e poi al 100% come rappresaglia per l’esclusione dall’Interpol provocata dall’opposizione serba.
In segno di protesta per quest’ultima decisione, i sindaci dei quattro comuni a maggioranza serba del nord del Kosovo – che secondo gli inapplicati Accordi di Bruxelles del 2013 dovrebbero far parte di un’Associazione dei comuni serbi e godere di particolari autonomie politiche e culturali – hanno immediatamente rassegnato le dimissioni. Di conseguenza, i primi di aprile, il Presidente del Kossovo Hashim Thaçi ha fissato le elezioni anticipate nei quattro comuni per il 19 maggio. Il 24 aprile, però, la Commissione Elettorale Centrale ha rigettato le candidature presentate dal principale partito serbo, Lista Serba, in mancanza della maggioranza dei due terzi dei membri richiesta per approvare le liste. Si tratta, indubbiamente, di una decisione politica giustificata però dalla Commissione con la necessità di garantire delle istituzioni locali stabili, una condizione non scontata se avessero vinto nuovamente i candidati appartenenti allo stesso partito dei sindaci dimessisi a novembre. Inoltre, a dissuadere la Commissione elettorale è stata la designazione di tre dei quattro sindaci precedenti per le nuove elezioni. […]