Tutt’altro che agevole si rivela il tentativo di rintracciare la chiave di lettura di un’opera poderosa ascrivibile al sapiente contributo di Autori numerosi, ancor più se cultori di discipline non coincidenti. Nessuna meraviglia desta, dunque, che l’indicata difficoltà possa essere avvertita dal lettore del volume “i dati personali nel diritto europeo”, curato da Vincenzo Cuffaro, Roberto D’Orazio, Vincenzo Ricciuto e dedicato allo studio della disciplina introdotta dal Regolamento UE 2016/679. Si tratta, infatti, di una difficoltà che a me pare ineludibile, se solo si considera l’obiettivo ambizioso perseguito dai Curatori e dagli Autori dell’opera di fornire un quadro esauriente e approfondito dei numerosi problemi che vengono in rilievo nello studio della complessa recente disciplina della privacy. Di una difficoltà conseguente alla scelta di metodo professata di analizzare la recente disciplina attraverso, piuttosto che l’esegesi delle singole disposizioni introdotte dalla fonte europea, saggi dedicati alle principali questioni problematiche del diritto europeo della privacy.
L’opera fornisce, infatti, l’approfondimento critico delle numerose questioni che vengono in rilievo nello studio del diritto della privacy; e si rivela, davvero, significativa, non soltanto per la comprensione delle implicazioni sistematiche che la recente disciplina europea ha prodotto sul regime preesistente, ma anche per la ricerca della soluzione dei numerosi problemi emersi in sede di applicazione delle regole giuridiche. Nonostante l’indicata scelta di metodo l’opera parrebbe, comunque, segnata da una idea ricorrente in ciascuno dei saggi raccolti; e, segnatamente, dall’idea, accolta dal legislatore europeo, che l’evoluzione della tecnica digitale dischiuda sul piano del diritto il problema di contemperare la protezione della persona con l’indeclinabile esigenza di far circolare i dati personali. E, dunque, dalla consapevolezza che la globalizzazione della società e del mercato, lungi dall’assecondare la pretesa esistenziale di ciascuno alla “solitudine”, nell’accezione espressa dalla formula del right to be alone, renda sempre più urgente la soddisfazione del bisogno di fruire liberamente delle informazioni altrui. Sul punto, l’opera in esame, traendo spunto da un dibattito risalente nella letteratura giuridica, accoglie la distinzione tra la protezione dei dati personali e il right to be alone. Se quest’ultima situazione giuridica soggettiva mira ad assicurare l’intangibilità della sfera privata rispetto a qualunque interferenza operata da terzi soggetti, la protezione dei dati personali consente il controllo sulla circolazione delle “proprie” informazioni nelle relazioni sociali […]