Negli ultimi due mesi del 2019, la tenuta dell’eterogenea maggioranza a sostegno del secondo Esecutivo guidato da Giuseppe Conte è stata messa a dura prova dalle divisioni emerse a proposito di alcune rilevanti questioni afferenti alla sfera economico-finanziaria. Il riferimento è sia alla determinazione dei contenuti della legge di bilancio 2020, approvata in via definitiva il 24 dicembre 2019, sia alla riforma del trattato istitutivo del Meccanismo europeo di stabilità (MES). Pur vertendo su aspetti di particolare complessità tecnica, quest’ultima ha finito per innescare laceranti polemiche e strumentalizzazioni esasperate, all’insegna di una retorica sovranista condivisa non solo dai partiti nazional-populisti di opposizione (Lega e Fratelli d’Italia), ma anche dal Movimento 5 Stelle, che costituisce la principale forza politica dell’attuale maggioranza c.d. «giallorossa». Tali episodi, tratti dalla cronaca politica più recente, sono soltanto gli ultimi esempi della valenza condizionante che il perdurante contesto di emergenza economica e finanziaria continua a esercitare sulle dinamiche politico-partitiche e in definitiva sul concreto funzionamento della forma di governo, nonostante possa ritenersi ormai da tempo superata la fase più drammatica dell’emergenza che ha investito l’Italia e altri Paesi dell’eurozona a partire dall’inizio del decennio appena concluso.
Allo studio degli effetti di questo problematico contesto sui rapporti che si vengono a stabilire tra i supremi organi costituzionali in relazione alla funzione di indirizzo politico è dedicato il volume di Luigi Ferraro dal titolo Crisi economica ed evoluzione delle forme di governo. Un’analisi comparata (Edizioni Scientifiche Italiane, 2019). In esso, l’Autore sviluppa una riflessione lucida e di ampio respiro teorico attorno alle più significative vicende politico-istituzionali degli ultimi anni, al precipuo fine di verificare la pervasività delle categorie economiche rispetto alle dinamiche di funzionamento dei diversi assetti organizzativi. Nel compiere tale operazione, egli prende espressamente le mosse da una prospettiva valoriale che lo induce a interpretare tale pervasività in termini assolutamente critici, quale il riflesso di una tendenza «paneconomicista» la cui egemonia imporrebbe il primato dell’efficientismo economico sulla decisione politica nell’ambito dei processi di produzione giuridica. L’indagine, primariamente rivolta all’inquadramento di questo presunto cambio di paradigma nell’ordinamento italiano, è stata opportunamente condotta attraverso il metodo della comparazione, la cui necessità è stata avvertita «sia in ragione del tema, come le forme di governo che non possono prescindere dalle esperienze straniere, sia in ragione della crisi economica, dato il suo carattere internazionale» (p. 16). Parimenti appropriata appare la scelta di restringere la prospettiva comparata a due specifici ordinamenti: da una parte, la Spagna, accumunata […]