1- Le prossime elezioni politiche generali sono “sotto osservazione” per due motivi. Il primo verrà esaminato subito e si concreta nella presenza di “facciata” degli osservatori dell´Osce; il secondo è, invece, la riapertura a tutto tondo della transizione italiana, che alcuni commentatori auspicavano per conclusa, scambiando desideri per dati di fatto.
L´art. 3 della Legge 27 gennaio 2006, n. 22 (frutto della conversione con modifiche del d.l. 3 gennaio 2006, n.1) dispone, infatti, che per le elezioni dell´aprile 2006 sia ammessa, per la prima volta nella nostra storia elettorale, presso i seggi la presenza di osservatori internazionali dell´Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), accreditati preventivamente dal Ministero degli Affari Esteri.
Una simile eventualità si inquadra nell´attività istituzionale dell´OSCE, il cui Ufficio per i Diritti umani e le Istituzioni democratiche opera, nell’Europa post-1989, il monitoraggio delle elezioni che vengono effettuate soprattutto, ma non esclusivamente, negli ordinamenti dei 55 paesi componenti. Se prima l´azione in questione coinvolgeva le “democrazie in formazione”, la consapevolezza delle fondamentalità dell´atto elettivo per gli ordinamenti democratici e le difficoltà di mantenere standard adeguati in materia hanno suggerito l´opportunità di estendere il “controllo” anche a sistemi di democrazia consolidata. In questa prospettiva dal 2002 sono state sottoposte sotto osservazione anche le elezioni statunitensi, francesi, spagnole e britanniche.
Fin qui, dunque, nulla di eccezionale, anche se il rapporto preliminare degli osservatori Osce (Varsavia, 3 marzo, 2006) conferma che l´anomalia italiana viene percepita soprattutto nell´ambito dei mezzi di comunicazione di massa e nella posizione del Presidente del Consiglio in carica e trascura – purtroppo- lo scandaloso “buco nero” del voto all´estero. A ben vedere, però, la citata disposizione conferma – in maniera preoccupante – la “tensione” esistente tra i partiti sugli attuali standard di democraticità del procedimento elettorale in Italia e la volontà dell´Esecutivo di evidenziarla in maniera anche polemica. Un anno e mezzo fa, dopo l’insuccesso alle amministrative, il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi aveva, infatti, dichiarato apertamente che quelli della sinistra «hanno un esercito di professionisti che, trattando con i dilettanti della nostra parte politica, li fa fessi, e mette voto su voto in più sul loro conto e meno sul nostro». L´opposizione scandalizzata aveva reagito, sostenendo – cito il capogruppo al Senato dei DS Gavino Angius – che “queste affermazioni costituiscono l´ennesimo nuovo colpo alla credibilità internazionale del nostro Paese” (Corsera del 21 giugno 2004).
2- La missione OSCE, che non avrà effetti pratici perché “gli osservatori elettorali…non possono in alcun modo interferire nello svolgimento delle operazioni dell´Ufficio elettorale di sezione”, costituisce – senza alcun dubbio – un’indice empirico del clima torrido in cui rischiano di tenersi le prossime elezioni, se la si connette con un altro intervento sempre introdotto attraverso la citata legge n. 22. L´art. 2 della stessa prevede, infatti, la “Rilevazione informatizzata dello scrutinio delle elezioni politiche ” in un numero di seggi non superiore al 25% del totale nazionale da parte di operatori, dotati di opportuni strumenti informatici, secondo le direttive emanate dal Ministero dell´Interno e dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per l´innovazione e le tecnologie. Una simile disposizione riprende -ma solo in parte – la proposta che da molti anni viene evocata di informatizzare tutta la procedura di votazione e concentra, con fini evidentemente polemici, la sua attenzione sullo scrutinio ed il suo controllo.
Aggiungo che, al di là delle discussioni propagandistiche tra i partiti e la denunzia degli eventuali brogli contro cui è necessario tenere sempre alta la guardia (il caso delle elezioni presidenziali USA nel 2000 e quello del voto per corrispondenza in Gran Bretagna l´anno scorso sono indicativi), ciò che preoccupa in tutto questo sono anche due profili strettamente giuridici ed uno economico.
In primo luogo, anche se lo scrutinio informatico non avrà un valore legale in caso di discordanza rispetto a quello manuale, l’operatore informatico che agirà all’interno del seggio non sarà nominato dalla Commissione elettorale comunale, ma dal Ministro per l´innovazione e le tecnologie; in secondo luogo, anche per questo intervento, è stato utilizzato lo strumento del Decreto legge in una materia (quella elettorale) coperta da riserva di legge d´Assemblea ai sensi dell´art. 72, comma 4 della Cost., così come ribadito dall’art.15 della L. n.400 /1988.
Infine, la spesa per la sperimentazione in materia (circa 35 milioni di Euro), evidenzia il costo dell´esperimento, ma – soprattutto – le dimensioni della spesa per una completa informatizzazione del settore.
3- Ma anche questi sono dettagli. Su tutto domina invece l´impressione, rafforzata dall´intensità delle modifiche alle norme per l´elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica (L. n. 270/2005), che il nostro ordinamento stia attraversando di nuovo una fase di preoccupante turbolenza nel settore fondamentale del sistema elettorale in senso stretto.
Dal punto di vista comparatistico la radicale innovazione del meccanismo di trasformazione dei voti in seggi ad appena tredici anni dall´intervento epocale del 1993, non ha precedenti in democrazie “stabilizzate” e conferma che la crisi di riallineamento del sistema dei partiti, seguita a quella di “regime” non si è ancora risolta.
Lungi dal concludersi la “eterna transizione” italiana pare essersi – invece – a tutti gli effetti riaperta, prospettando dinamiche politiche alternative al “bipolarismo imperfetto”, che l’ha caratterizzata in questi ultimi anni. Al di là delle dichiarazioni ufficiali o degli spot, hanno maggior valore – in questo caso – i “bigliettini” (mi riferisco ovviamente a quelli scambiati tra Casini e Veltroni), cosicché – di fronte ad una possibile ingovernabilità coalizionale – il desiderio di centro per governare l´emergenza economica ed istituzionale, finirà per essere molto forte.
La debolezza obbiettiva delle leadership ed il moltiplicarsi delle formazioni con capacità di veto in entrambi gli schieramenti prospettano – dunque – ipotesi di necessaria convergenza al centro, cui si contrapporranno – probabilmente – reazioni sul piano referendario. In quest´ultima prospettiva, l’ipotesi, delineata in questi giorni sul “Forum di Quaderni costituzionali” da Giovanni Guzzetta, di un referendum volto ad abrogare le disposizioni della Legge 270 del 2005 relative alle coalizioni, lasciando in vita il premio di maggioranza e la distribuzione speculare con soglie, la dice lunga – infatti – su cosa ci aspetta nella prossima legislatura.
In un campo in cui bisognerebbe operare – invece – con il bisturi, c’è – in sostanza – il rischio di trovarsi con un sistema elettorale simile a quello della Legge Acerbo, che attribuiva al partito o alle liste coalizzate un premio pari ai due terzi dei seggi, ma richiedeva – bisogna ammetterlo – che il partito o le liste coalizzate avessero raggiunto almeno il 25% dei voti per ottenerlo.