UNGHERIA: Simone Benvenuti, A dieci anni dalla “rivoluzione nelle cabine elettorali”, può dirsi compiuta la trasformazione della forma di stato ungherese

Due sono i profili di maggior rilievo che emergono nel corso secondo quadrimestre del 2020: il primo attiene al bilancio delle conseguenze ordinamentali della crisi sanitaria da Covid-19; il secondo ai rapporti con l’Unione europea. Attraverso di essi è possibile mettere a fuoco alcuni aspetti più specifici delle ormai consolidate dinamiche dell’ordinamento costituzionale ungherese a due lustri dalle elezioni dell’aprile 2010 (mentre ricorre anche il centenario del Trattato del Trianon del 4 giugno 1920, che tanta parte ha ancora oggi nel conformare la cultura politica ungherese). È invero un fatto politico e costituzionale ormai assodato il dominio iper-maggioritario del partito Fidesz, e in seno a questo di un gruppo dirigente coeso attorno al leader Viktor Orbán, oggi il secondo più longevo Capo del Governo nell’Unione europea dopo Angela Merkel. Tale dominio si è sviluppato a livello istituzionale lungo un percorso di accentramento governativo in senso tanto orizzontale, attraverso l’indebolimento del quadro dei contropoteri, quanto verticale, con la riduzione degli spazi di manovra delle autonomie locali specialmente in ambito finanziario.

A ciò si è accompagnata la progressiva corrosione del principio pluralista a più livelli – politico, sociale, culturale. Questo percorso ha avuto un impatto non solo sulla prassi della forma di governo, ma anche, direttamente o indirettamente, sulla forma di stato. L’ultimo rapporto Freedom House etichetta non a caso l’Ungheria – unico tra i paesi UE – come “partly free”, mentre numerosi studi rappresentano l’evoluzione dell’ordinamento ungherese con la sua collocazione entro un limbo, attraverso il ricorso a definizioni quali regime ibrido, Stato semi-autoritario o altre definizioni di confine che intendono indicare comunque la divaricazione più o meno accentuata dalla tradizione del costituzionalismo (occidentale). Secondo alcuni osservatori, tale linea di confine è da ritenersi oltrepassata e quello ungherese è ormai un «electoral authoritarian regime», un ordinamento «completely authoritarian» o «dittatoriale e fondato sull’arbitrio». Nell’immediato, e con riguardo alle conseguenze della crisi sanitaria, si è già avuto modo di esprimere perplessità sulle capacità di resilienza dell’ordinamento ungherese, ormai deformato […]

Scarica il testo in formato PDF

Questa voce è stata pubblicata in: Cronache costituzionali dall'estero, Nomos, Ungheria e contrassegnata con Cronache costituzionali dall'estero, emergenza Covid-19, Nomos 2/2020, rivoluzione nelle cabine elettorali, Simone Benvenuti, Ungheria. Contrassegna il Permalink.