Nel presente intervento vorrei provare a svolgere alcune considerazione sui possibili effetti della sent.1/2014 della Corte costituzionale sulle legislazioni regionali in materia elettorale. Non vi è dubbio che l’oggetto della sentenza è la legislazione elettorale nazionale. Tuttavia, come proverò a dire, i principi in essa stabiliti paiono estensibili, in parte, anche nei confronti della legislazione elettorale delle assemblee rappresentative regionali.
In senso contrario potrebbe deporre un passaggio argomentativo presente nel par.3.1. del Considerato in diritto, dedicato al premio di maggioranza, in cui la Corte individua le principali funzioni del’assemblea parlamentare al fine di distinguere il Parlamento da altre assemblee rappresentative di enti territoriali. Tuttavia da tale passaggio argomentativo, diretto a mettere in risalto il carattere fondamentale delle funzioni attribuite al Parlamento per la vita democratica e, allo stesso tempo, la loro peculiarità (nel senso che esse non caratterizzano anche le assemblee rappresentative degli enti territoriali), non è possibile concludere che i principi stabiliti dalla Corte siano applicabili solo nei confronti della legislazione nazionale.
Va anche aggiunto che, se i riferimenti all’Assemblea Costituente, presenti sempre nel medesimo paragrafo, sono ovviamente riferiti al sistema elettorale del Parlamento, è anche vero che la statuizione relativa alla assenza di un modello di sistema elettorale imposto dalla Carta costituzionale è indiscutibilmente riferito non solo alle elezioni politiche ma anche a quelle amministrative, come testimonia il richiamo alla sent. 43/1961 e 107/1996. In questa direzione vanno anche i riferimenti della Corte a precedenti che riguardano sistemi elettorali di enti territoriali (§ 5.1. con riguardo al sistema elettorale per i Comuni vigente nel 1975).
Non pare inoltre un ostacolo ad una lettura estensiva della sentenza in esame la natura concorrente della potestà legislativa regionale in materia elettorale. L’esistenza della legge-cornice (L.156/2004), contenente i principi fondamentali in materia di sistema di elezione degli organi regionali, obbliga certo l’interprete a leggere la legislazione regionale alla luce dei principi fondamentali stabiliti dalla legge statale. In questa prospettiva potrebbe giustificarsi una differenziazione dei principi validi per il livello nazionale rispetto a quelli validi a livello regionale. Tuttavia non pare di poter riscontrare un tale disallineamento tra i principi stabiliti nella sentenza in commento e quelli presenti nell’art. 4 L.165/2004, che peraltro sono pochissimi ed essenziali.
In ogni caso la ragione fondamentale per cui l’operatore giuridico, sia esso l’interprete o il legislatore elettorale regionale, deve ‛maneggiare’ la legislazione elettorale regionale guardando ai principi fissati nella sent.1/2014 è rinvenibile nei parametri adoperati dalla Corte costituzionale. La legislazione elettorale nazionale viene infatti dichiarata incostituzionale per contrasto con i principi che sostengono il circuito democratico e con il diritto all’eguaglianza del voto, su cui il primo si basa. Ad essere violati sono così gli artt.1, c.2, 3, 48, c.2, 67 (con riguardo al premio di maggioranza) e nuovamente l’art.48 (con riguardo alle liste bloccate).
È evidente che, se l’interprete dovesse riscontrare nella legislazione elettorale regionale meccanismi analoghi a quelli che hanno condotto alla dichiarazione d’incostituzionalità della sent. 1/2014, si riprodurrebbe la stessa fattispecie d’illegittimità esaminata dal Giudice delle leggi giacché a subire lesione sarebbero gli stessi parametri presi in considerazione nella sent.1/2014, per quanto resti fermo che la Corte ha differenziato la posizione del Parlamento da quella delle altre assemblee elettive.
Va infine chiarito che l’impatto della sentenza sulle legislazioni regionali va analizzato con riferimento al singolo ordinamento regionale. È noto infatti che le Regioni, pur avendo recepito di massima il sistema di elezione proveniente dalla L.43/1995, come modificata dalla L. cost.1/1999, hanno adottato proprie leggi, che, spesso, modificano il sistema statale di riferimento. […]
Due sono gli oggetti principali esaminati dalla Corte costituzionale: il premio di maggioranza e le c.d. liste bloccate. Come è ben noto, anche la legislazione elettorale regionale utilizza il meccanismo del premio di maggioranza per tradurre i voti in seggi. È quindi opportuno ripercorrere, in maniera estremamente sintetica, il ragionamento seguito dalla Corte costituzionale per valutare se esso sia ‛trasponibile’ nei confronti della legislazione elettorale regionale.
Nei paragrafi 3 e 4 del Considerato in diritto la Corte premette che l’obiettivo della stabilità del governo del Paese, che rappresenta il fine principale delle disposizioni impugnate, è costituzionalmente legittimo. Questo obiettivo è perseguito con un meccanismo premiale che si attiva quando il sistema proporzionale non abbia assicurato ad alcuna lista o coalizione un numero di voti tale da tradursi in una maggioranza superiore anche a quella assoluta dei seggi (340 su 630). In tale caso il meccanismo premiale attribuisce seggi aggiuntivi a quella lista/coalizione che ha avuto anche un solo voto in più, e ciò anche se il numero di voti sia molto esiguo, in assenza di una soglia minima di voti/seggi. […]
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Di seguito si riporta il sommario del saggio: 1. Sull’applicabilità dei principi espressi dalla sent. 1/2014 alle legislazioni elettorali regionali 2. La questione del premio di maggioranza 3. La questione delle liste bloccate