Inizio questo intervento, ben conoscendo lo spirito liberale e pluralistico di Fulco Lanchester, con lo slogan “Amicus Fulco, sed magis amica veritas”. Infatti leggendo l’introduzione, come sempre molto brillante e provocante, ci si pone però il problema se ciò di cui si debba discutere sia la sentenza in sé o la curvatura che ne propone Fulco, giacché tra le due cose non sembra esserci continuità. […]
Il considerato in diritto esordisce infatti, com’è noto, valorizzando la discrezionalità, pur delimitata, del legislatore, nella consapevolezza quindi del carattere emergenziale e necessitato dell’intervento e, implicitamente, dei numerosi problemi che pone la normativa di risulta, quella con cui invece Lanchester propone proprio di andare a votare come scelta, il punto di approdo finale del suo ragionamento. Ciò in vista di una fase costituente che ben difficilmente quella normativa ci potrebbe dare, oltre a non poterci dare neanche una buona selezione di rappresentanti e una legittimazione diretta di una maggioranza e di un Governo.
Si dovrebbe scegliere il voto anche sulla base di una delegittimazione del Parlamento che Lanchester sostiene, sia pure ponendola come una “provocazione” e che invece la Corte (nonché, riprendendola, l’altra istituzione di garanzia, la Presidenza della Repubblica), esplicitamente esclude.
Insomma, faute de mieux, votare con la normativa di risulta può essere una necessità, ma non certo una scelta.
Nel resto delle argomentazioni che precedono questo esito Lanchester ci guida quindi per mano verso di esso, ma, così facendo, ci porta su una strada che non pare essere quella della sentenza né nelle conclusioni né sull’argomentazione. […]
Così una sentenza costruita intorno alla necessità di una “soglia minima” per il premio, nel caso specifico in cui si intenda adottare un sistema di questa natura, diventerebbe una specie di blindatura proporzionalistica senza uscita. Per di più l’ampia possibilità di scelta che per la Corte include esplicitamente le liste bloccate corte, con i richiami del tutto evidenti ai sistemi tedesco e anche spagnolo (nonostante qualche anomala esternazione a “Repubblica” peraltro di dubbia esistenza e, se esistesse, si tratterebbe comunque di una dissenting opinion) sarebbe invece ridotta (anche se qui Lanchester pone solo un dubbio) alla sola scelta tra preferenze e collegi.
Si tratta quindi di una sorta di riscrittura della sentenza della Corte sulla base di posizioni politico-istituzionali che, in sostanza, propongono una restaurazione della normativa previgente al referendum elettorale del 1993 (a proposito di valorizzazione effettiva dell’articolo 1 della Costituzione, quando il Presidente della Repubblica sin da subito, dalla sera del comunicato, ha invece invitato a muoversi in continuità con quel responso popolare), legittime quanto opinabili in quanto niente affatto obbligate sul piano costituzionale, come già ho argomentato negli scorsi giorni sull’Huffington Post. […]
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Di seguito si riporta il sommario del saggio: 1. Premessa: “Amicus Fulco, sed magis amica veritas” 2. Due esiti divaricanti sull’opportunità del voto con la legge uscita dalla sentenza 3. Il tentativo di blindare la discrezionalità a prima del 1993 4. I termini effettivi della valutazione del testo-base