POLONIA: Jan Sawicki, Tenendo alto lo scontro con l’Unione europea, l’esecutivo cerca di far dimenticare il passo falso compiuto in autunno sull’aborto

Il potere politico in Polonia affronta il nuovo anno alzando in maniera sempre più temeraria il livello dello scontro con l’Unione europea sul tema della rule of law. Nonostante i sondaggi seguitino a segnalare un livello altissimo di favore dell’opinione pubblica per l’appartenenza del paese alla UE, e persino una lieve prevalenza di orientamenti favorevoli a quest’ultima nel conflitto sull’indipendenza del giudiziario, il Governo ritiene che uno stato di tensione permanente con l’Europa, basato sulla retorica sovranista, possa costituire il collante per conservare un consenso popolare in calo e persino tentare di recuperarne una parte dopo la drammatica sentenza del Tribunale costituzionale sull’aborto (K1/20 del 22 ottobre 2020) che ha determinato un calo stabilizzato tra il cinque e il dieci percento nelle intenzioni di voto per il cartello della “Destra unita” guidato da “Diritto e giustizia” (Prawo i Sprawiedliwość, PiS) In effetti i primi mesi del 2021, oltre a mettere in evidenza una cattiva gestione sanitaria della terza ondata della pandemia Covid-19 – a parte la campagna vaccinale la cui efficacia non si discosta finora dalla media europea – vedono il Governo coinvolto in un numero crescente di decisioni giurisprudenziali, a livello europeo ma anche nazionale, sulle questioni che riguardano lo stato di diritto. L’accumularsi di pronunce non è motivato da un improvviso e incrementato attivismo della Corte di giustizia dell’Unione europea, cui comincia ad affiancarsi anche un coinvolgimento della Corte europea dei diritti dell’uomo, ma è semmai la risposta, che comincia a intensificarsi, a un esorbitante numero di controversie che si erano prodotte negli anni precedenti. Ciò che qui interessa rilevare, come considerazione di carattere generale, è che l’esecutivo polacco tende a irrigidire in modo crescente la propria risposta, moltiplicando le occasioni in cui, almeno in forma retorica e dichiarativa, rifiuta di dare esecuzione alle sentenze che si susseguono.

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