«Zóon politikón», animale sociale.
Da più di due millenni l’uomo verbalizza in questi termini la propria inclinazione naturalmente aggregativa, la propria intrinseca attitudine alla convivenza. Ma cosa vuol dire questa espressione? In poche parole: neuroni specchio, una corteccia prefrontale eccezionalmente sviluppata, un apparato verbale impareggiato in natura; dunque, empatia, controllo degli istinti, capacità di comunicazione, tutto ciò che serve per far funzionare una società. Questa capacità sembra poi rispondere ad un consustanziale bisogno: l’uomo è una creatura peculiare, il cui ruolo in natura pare indefinito; a differenza del leone destinato ad essere predatore o della gazzella destinata ad essere preda, egli, forse un unicum in natura, è vulnerabilissima preda se isolato e supremo predatore in gruppo. Non casualmente, credo, le più antiche pene concepite dall’uomo per l’uomo furono forme di esclusione dal consesso dei propri simili (l’ostracismo ad Atene, la sacratio a Roma); una condanna che evoca ancestralmente una deminutio capitis della propria funzione nel creato, una rovinosa caduta dal primo all’ultimo gradino della catena alimentare.
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Sommario: 1. Tra il lupo e l’agnello. – 2. «Il governo migliore». – 3. Aristotele: medietà sociale e mistione istituzionale, mese e miktè politéia. – 3.1. Polibio: la morale come fondamento della civitas (e della sua disgregazione). – 4. L’idea del governo misto dopo l’antichità: dalla potestas temperata alla separazione dei poteri. – 5. Interludio: la plurima legittimazione del governo misto e la ‘spinta monista’ della modernità. – 6. Mediazione sociale e unità ideale nelle comunità politiche pluraliste. – 7. L’algoritmo e la crisi postmoderna.