A quanti volessero prendere in considerazione le recenti e significative realizzazioni operate dalle modifiche introdotte dal Trattato di Lisbona, riguardo i rapporti tra Parlamenti nazionali ed organi dell’Unione, ultime tappe dell’impervio cammino intrapreso nell’intento di provare come, utilizzando le parole di Federico Chabod, l’Europa sia “più un’idea politica che una geografia territoriale”, innegabile appare oggi, nonostante questo cammino sembrerebbe in qualche modo giunto al suo naturale traguardo, come una effettiva integrazione politica sia ben lontana, e che la contingenze nate dalla crisi del 2011 abbiano inaugurato un periodo difficile, nel quale hanno ripreso nuovamente corpo progetti contrari ad ogni possibile unione sovranazionale.
Tra i motivi che renderebbero difficile il poter prevedere nella prossima legislatura dell’Assemblea di Strasburgo un’azione in grado di compiere quel “salto in avanti” necessario per superare l’attuale “guado”, fatto di recessione economica e disoccupazione, si è soliti elencare la crisi dei partiti tradizionali, che in una situazione in cui tutto sembra diventato più precario, ed in cui più facilmente i vecchi equilibri appaiono distruttibili, aggiungerebbe incertezza ad un quadro tutt’altro che stabile.
Meno frequentemente appare in questi ben noti “cahiers de doleance” il tener presente un elemento parimenti in grado di esercitare dirette e cogenti influenze, ed al cui studio attraverso la comparazione delle esperienze di tredici ordinamenti nazionali (Argentina; Austria; Belgio; Bosnia Herzegovina; Canada; Etiopia; Germania; India; Iraq; Italia; Stati Uniti; Sud Africa; Svizzera) è finalizzato il volume oggetto di questa recensione: alla creazione di strutture sovranazionali, nel nostro come negli altri continenti, quasi mai si fa riscontro, all’interno dei singoli stati membri, la predisposizione di sistemi in grado di articolare ed adattare, attraverso differenziati gradi di autonomia locale, le politiche delle nascenti unioni; sistemi in cui i governi “sub nazionali” dovrebbero, viceversa, giocare un ruolo chiave.
Nel caso europeo essi dovrebbero non solo essere centrali nella fase di elaborazione ed attuazione del Diritto dell’Unione, ma anche all’interno di tutto il processo di “policy-making”, dalla definizione dell’agenda, all’implementazione e valutazione “ex post” delle singole politiche, garantendo l’efficienza delle stesse, e divenendo in questo modo, più che semplici “intermediari”, dei veri “partners” istituzionali.
Argomento del volume in esame è quindi la relazione concettuale tra federalismo e federazione da un lato, ed regionalismo e territorialità, dall’altro. Nonostante i persistenti interrogativi e le contraddizioni nei rapporti tra governi centrali e governi regionali, riguardanti, ad esempio, le possibilità di realizzare solo gradualmente un’amministrazione federale solida, o gli effetti indubbiamente favorevoli alla formazione di partiti regionali o addirittura etnici, essa è difatti divenuta parte stabile dei contemporanei studi sul federalismo. Profili solitamente affrontati dagli studiosi di Diritto costituzionale comparato al momento di descrivere le problematiche a cui sono chiamate a trovare soluzione le strutture di direzione politica nei paesi di nuova indipendenza, vengono qui applicati al contesto europeo, generando in questo modo originali ed innovative suggestioni e spunti di analisi.
Và dato quindi riconoscimento a questo coraggioso tentativo, per aver provato a redigere, attraverso la declinazione del concetto di federalismo, “terzo includente” per la conciliazione degli opposti fini della preservazione delle diversità e della introduzione di un grado minimo di unità, capace di prevenire conflitti e facilitare la cooperazione, dei preziosi materiali di studio, non solo per il mondo dell’accademia, ma soprattutto per quello degli interpreti ed operatori del diritto oltre che per i legislatori nazionali e sovranazionali.
Esempio concreto di ciò è facilmente riscontrabile nell’odierno dibattito parlamentare riguardante la possibile ridefinizione delle competenze e della composizione della nostra “camera alta”. […]
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