Di integrazione si possono dare due possibili interpretazioni. La prima è quella secondo la quale un nuovo sistema unitario di principi, regole e apparati si sovrappone a una pluralità di sistemi preesistenti, tale che il primo prevalga sugli altri ogni qualvolta si determini un conflitto. In questo senso l’integrazione comporta una sostituzione di un sistema nuovo e centripeto rispetto a una condizione preesistente caratterizzata dalla pluralità e difformità. La seconda interpretazione che può essere data è quella secondo la quale l’integrazione si raggiunge al conseguimento di certi obiettivi predeterminati, il cui ottenimento è l’esito di meccanismi diversi dove la differenza preesistente non è necessariamente destinata a essere soppiantata se, in forza di alcune relazioni verticali e orizzontali tra gli ordinamenti, è capace comunque di perseguire i fini dell’ordinamento composito. In questo secondo caso la sostituzione di un sistema nuovo di principi, regole e apparati diventa solo una delle soluzioni adottabili per realizzare l’integrazione e, in ogni caso, non produce mai annullamento completo delle differenze iniziali. La sottovalutazione del ruolo dell’integrazione europea per via amministrativa, originata dalla scelta dei padri fondatori dell’UE di adottare il modello dell’amministrazione indiretta, ha a lungo fatto credere che l’unica interpretazione possibile dell’integrazione fosse la prima ma oramai tale assunto è sottoposto a valutazione critica da diverso tempo.
[…]Fabio Giglioni, Tecniche di integrazione europea amministrativa mediante differenziazione
Questa voce è stata pubblicata in:
Saggi e contrassegnata con Nomos 2/2012, Saggi. Contrassegna il Permalink.