“Giolitti ebbe da Croce in vita quell’omaggio che il re gli negò in morte” (p. 13). Il libro di Compagna, oltre che un omaggio a Giolitti, è un’efficace ricostruzione storica del giolittismo e dell’antigiolittismo.
La riga citata, lapidaria e incisiva come tante altre nel libro, ci dice anche di una scrittura godibile e avvincente: un libro bello, oltre che scientificamente ineccepibile. Un altro pregio del libro è quello di offrirci, accanto a quelli dei maggiori uomini politici liberali, ritratti di personaggi minori, la cui luce laterale e parziale aiuta ad illuminare il quadro generale.
Un esempio è quello di Massimo Fovel, politico tra i più ondivaghi, radicale non antigiolittiano, radicale violentemente antigiolittiano, socialista, repubblicano, liberale amendoliano, comunista gramsciano, fascista e corporativista integrale; persona acuta e d’ingegno, anche se discutibile, che ad ogni nuovo posizionamento cerca di dimostrare trattarsi di niente altro che dell’inveramento della posizione precedente, come a dire massima coerenza nella totale incoerenza. E lo fa con acume, per cui chi lo cita in un certo ambito lo usa come fonte perfino illuminante: quando divenne seguace del corporativismo integrale di Ugo Spirito, l’ho utilizzato anch’io, nella mia biografia del ministro Felice Guarneri, per le sue capacità analitiche e predittive. Va da sé che Fovel giustificava il suo ultimo approdo col sostenere che “l’autarchia è l’individualismo liberale riportato alla collettività e non al singolo”. In aggiunta a ciò che Compagna dice di lui, mi sembra interessante ricordare che Fovel, soltanto per ciò che attiene al dilemma interventismo/neutralismo, riuscì ad essere, in breve volger di tempo, interventista a favore della Triplice, poi neutralista, infine interventista pro-Intesa! […]