Nel costituzionalismo contemporaneo, il voto si è spogliato della veste di privilegio ereditario, censitario o capacitario per essere elevato a rango di diritto, prima ristretto e
precluso a gruppi d’individui maggioritari o minoritari sulla base dell’appartenenza di
genere, di razza, di lingua, o religione, e poi riconosciuto come un diritto fondamentale
dell’uomo. Secondo la dottrina, le concezioni sulla natura dell’elettorato attivo sono
riconducibili a tre ordini di giustificazioni. In primo luogo si trovano le teorie che
riconoscono il voto come un “diritto innato dell’individuo”, di cui sono titolari tutti i consociati; in secondo luogo vi sono le teorie che concepiscono il voto come una funzione, ed infine teorie che si rifanno ad entrambi gli approcci. E’ logico, inoltre, che per suffragio
“universale” non possa intendersi la definizione letterale ma una teoria del massimo allargamento del voto possibile. In prospettiva diacronica, se da una parte appaiono risolte le tensioni che avevano caratterizzato il secolo XIX, sulle richieste di estensione del suffragio, negli ordinamenti di democrazia contemporanea vi sono ancora delle zone grigie che, inun’ideale sistema di riferimento cartesiano, fanno allontanare la curva dell’estensione del suffragiodall’asse delle ascisse, verso cui dovrebbe idealmente tendere.
La qualificazione di “universale”–che, sul piano giuridico implica la maggior coincidenza possibile tra la capacità di agire e la capacità elettorale–trova, difatti, continui e ripetuti ostacoli nelle clausole di limitazione che, nelle democrazie aperte e pluraliste, dovrebbero ammettere solo requisiti minimi e universalmente accettati. Le limitazioni generalmente riconosciute, come emerge anche dalla stessa giurisprudenza della Corte europea, concernono la minore età, l’interdizione e l’incapacità anche mentale, e la detenzione e/o limitazione della libertà personale a seguito di una sentenza emessa da una corte di giustizia.
Francesca Romana Dau. Il confine d “universale”. La limitazione del diritto di voto ai detenuti, nella pronuncia della Corte EDU Scoppola v. Italia
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