La crisi istituzionale e sociale europea è di estrema gravità, ed universalmente avvertita. I rimedi proposti convergono nel ritenere indispensabili riforme che rendano più democratica la vita all’interno dell’Unione, e quindi le istituzioni europee più vicine alle esigenze dei rappresentati. In particolare si vorrebbero potenziare i poteri del Parlamento, rendendolo sovrano, e si vorrebbe integrare lo stesso Parlamento con gli altri organismi dell’Unione, in modo da renderli condizionati quanto più possibile dalla volontà popolare; da quel complesso di popoli che hanno aderito all’Unione.
Questa impostazione non tiene però conto di alcune fondamentali circostanze, che invece dovrebbero essere adeguatamente valorizzate.
La riunione indifferenziata dei popoli d’Europa in un Parlamento comune, che fosse dotato di poteri sovrani, violerebbe l’identità culturale delle popolazioni chiamate a farne parte, e il loro diritto a determinare un proprio indirizzo politico, attraverso libere istituzioni rappresentative. Un’eventuale maggioranza trasversale può rispettare, qualora si formi, la volontà delle popolazioni interessate; ma ciò costituisce una mera accidentalità delle sue decisioni. Qualora invece non vi sia una volontà che comprenda quella dei rappresentanti dei singoli Stati, la valorizzazione esclusiva del numero non rispetterebbe le diversità culturali ed il corrispondente diritto di ogni popolo ad avere un proprio indirizzo politico. In tali casi, le decisioni non verrebbero prese dalle collettività nazionali dei Paesi che vi abbiano aderito, ma da altri popoli, sulla base di una maggioranza esterna a ciascuna Nazione, che in quelle ipotesi violerebbero la sovranità di queste ultime. E si tratterebbe pertanto di un potere centrale che non terrebbe conto delle caratteristiche culturali delle Nazioni che vengano a trovarsi in minoranza, e del loro diritto ad esprimere un proprio indirizzo politico.
Un unico Parlamento rappresentativo di più popoli, che fosse veramente sovrano, implicherebbe che alcuni popoli possano imporre ad altri la propria volontà; il che sarebbe lesivo del diritto di autodeterminazione di questi ultimi, quale è garantito sia dalla nostra Costituzione che a livello internazionale.
Per la nostra Costituzione, il rispetto della sovranità popolare è garantito dal 2° comma dell’art. 1, secondo cui: «La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione». Tale precetto costituzionale non è che la riaffermazione, sul piano interno, del diritto di autodeterminazione dei popoli, che è espressamente riconosciuto come inalienabile a livello internazionale (art.1, paragrafo 2, della Carta delle Nazioni Unite; art. 1, paragrafo 1, del Patto internazionale dei diritti civili e politici, risalente al 1966, e recepito in Italia dalla legge n. 881/1977, nonché art. 20, paragrafo 1 della Carta africana dei diritti dell’uomo e dei popoli). […]
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Di seguito si riporta il sommario del saggio: 1. Crisi dell’Europa unita e pretesa di dotare di sovranità il Parlamento europeo 2. Le specificità culturali di ogni singola Nazione 3. Civiltà europea e Nazioni d’Europa 4. Vicende storiche del principio di nazionalità 5. Inidoneità dello Stato federale a rappresentare validamente distinte Nazioni 6. Concezioni giusnaturalistiche e principio di nazionalità 7. La sovranità e la pace tra le Nazioni 8. Necessità di garantire, all’interno dell’Unione europea, una maggiore democrazia rappresentativa 9. Abstract 10. Bibliografia