Nell’autunno del 2005, sul finire della XIV legislatura, in Parlamento fu avviato l’esame della riforma della legge elettorale che poi sarebbe sfociata nella Legge 21 dicembre 2005, n. 270. L’impianto originario di quella legge – come è noto – si basava su un sistema di natura proporzionale con premio di maggioranza per la coalizione di liste risultata prevalente sul piano nazionale, sia alla Camera dei deputati sia al Senato della Repubblica. In un brevissimo arco di tempo, nelle prime due settimane di ottobre, fu sollevata la questione dell’incompatibilità di un premio di maggioranza e di una soglia di sbarramento nazionali con la disposizione dell’art. 57 secondo cui il Senato è “eletto a base regionale” e il testo della riforma fu emendato. La questione fu discussa in dottrina, fu al centro dell’attenzione e dell’azione del Presidente della Repubblica Ciampi, ebbe un significativo rilievo sulla stampa. L’esito finale fu che – per il Senato – il premio inizialmente attribuito su base nazionale fu trasformato in un premio frammentato su base regionale; inoltre, fu definito un complesso di soglie di sbarramento regionali. L’obbiettivo di questo saggio è di chiarire i tempi e i modi che portarono alla creazione di un precedente interpretativo del concetto della “base regionale” nell’elezione del Senato. Si tratta di un’interpretazione a un tempo controversa e di grande attualità.
La conferma del bicameralismo paritario, la diffusa esigenza di applicare sistemi elettorali omogenei a Camera e Senato, la previsione di un premio di maggioranza nazionale per l’elezione della Camera da parte della legge n. 52 del 2015 (fatto salvo dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 35 del 2017) pongono il tema dell’estensione del premio di maggioranza al Senato nel novero delle soluzioni possibili. In presenza di un premio di maggioranza o di una soglia di sbarramento nazionale per la Camera dei deputati, l’adozione di una soluzione equivalente al Senato appare di immediata efficacia sul piano politico, al punto che agire diversamente può suonare come un “facciamoci del male”, per dirla con Nanni Moretti1. Nella Costituzione vivente, l’interpretazione dell’art. 57 è oggi quella risalente al precedente del 2005. Una lettura mai formalizzata, ma a tutti nota e che può essere ricostruita attraverso l’analisi dei comportamenti degli attori istituzionali che vissero quella vicenda. Primo fra tutti il Presidente della Repubblica […]
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Di seguito si riporta il sommario del saggio: 1. Introduzione. – 2. Le prime reazioni alla proposta di una legge proporzionale con premio di maggioranza. – 3. Il vizio capace di bloccare tutto e l’intervento del Presidente Ciampi. – 4. Le controindicazioni costituzionali di un’azione di moral suasion. – 5. Conclusione: le ragioni per non discostarsi dal precedente interpretativo del 2005.