Non si incorre certamente in un’iperbole se si afferma che Roma abbia dato forma al concetto di città oggi conosciuto e conseguentemente alla sua scienza, l’urbanistica. Lo stesso termine «Urbe» è universalmente riconducibile solo alla città di Roma, mentre quello di «città» trae direttamente dal latino civitate(m), il quale significava propriamente, e anzitutto, il complesso dei cittadini. Città e cittadinanza si costruiscono quindi vicendevolmente, in un reciproco processo evolutivo, che fa dell’urbanesimo un fenomeno sociale complesso nel lungo fluire della Storia.
Roma oggi offre agli occhi del mondo un potente contrasto: la sua fisionomia antica sembra imperturbata, nonostante i secoli di saccheggi, macerie e brecce, mentre quella contemporanea restituisce un ambiente urbano prevalentemente avulso, fondato su una mera logica costruttiva e di gentrificazione, quasi del tutto scevra di memoria storica e lume urbanistico. La città appare, nel presente, al contempo caput e provincia mundi.
La disarticolazione tra centro e periferie recide le maglie del tessuto urbano e la presenza di sedi istituzionali, anche di rango internazionale, nonché di importanti edifici e monumenti di rilevantissimo interesse culturale non racchiude né coglie l’interezza degli spazi pubblici romani, i quali infatti possono ritrovarsi inaspettatamente in realtà sociali caratterizzate da prassi di informalità, autogestione e cittadinanza attiva.
Arianna Gravina Tonna, Recensione a B. Caravita e altri, A centocinquant’anni da Roma capitale. Costruire il futuro della Città eterna, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2020, pp.174.
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