Finalmente la riforma del bicameralismo paritario, voluta dal Governo Renzi, è arrivata, con la seconda lettura del Senato, alla penultima tappa della prima deliberazione; e tutto lascia pensare che l’ultima tappa, alla Camera, ratificherà alla svelta il testo approvato nei giorni scorsi a Palazzo Madama. Sicchè, entro l’autunno 2016 potranno avere luogo la seconda deliberazione, ed infine il previsto referendum “confermativo” dal quale – a differenza di quanto accadde nel 2006 per la riforma costituzionale elaborata dal centrodestra – non sono da attendersi delusioni per il Governo. E allora, qualche riflessione su quanto è avvenuto finora è già lecito farla.
Il primo ordine di considerazioni riguarda i passaggi parlamentari di questa riforma ed il loro senso politico. Come è noto, l’impianto della “revisione” costituzionale prevista dall’art. 138 – ammesso e non concesso che la vicenda in esame possa rientrare nell’ambito di tale articolo – si fonda sulla doppia deliberazione del testo, a distanza di almeno tre mesi, da parte di entrambe le Camere. Nelle prossime pagine, tuttavia, mi limiterò per economia di discorso a considerare gli accadimenti relativi all’anzidetta tappa senatoriale, che tutto lascia credere decisiva. A proposito di tali accadimenti, conviene premettere che il ddl costituzionale Renzi-Boschi, presentato al Senato l’8/4/2014, venne approvato in Commissione affari costituzionali l’11/7 ed in Aula l’8/8. Alla Camera, fra la Commissione competente e l’Assemblea, esso rimase fino al 10/3/2015. Dopo di che, tornato in Senato per la seconda lettura, fu immediatamente inviato in Commissione, approdando in Aula soltanto a fine settembre, per esservi approvato – con modifiche rispetto al testo trasmesso da Montecitorio – il 13/10/2015. È di qui, pertanto, che partirà la seconda lettura della Camera. […]
Il secondo ordine di considerazioni riguarda il merito delle riforme costituzionali progettate dal Governo Renzi comprendenti, oltre all’abbandono del bicameralismo paritario, la revisione del Titolo V relativo alle autonomie territoriali (compresa la soppressione delle Province), l’eliminazione del CNEL, il regime della democrazia diretta e l’impugnabilità preventiva in Corte Costituzionale delle leggi in materia elettorale. Ma è sull’abbandono del bicameralismo che va riconosciuto il contenuto principale del progetto e su cui conviene quindi concentrare l’attenzione. […]