La peculiare dialettica fra il legislatore nazionale e la Corte costituzionale realizzatasi in occasione dell’ultimo giudizio di legittimità in materia di “fine vita”1, all’esito del quale nel nostro ordinamento è stata inserita la specifica ipotesi eutanasica del suicidio medicalmente assistito, ha rappresentato un’importante opportunità di indagine, variamente approfondita dalla dottrina2, sullo stato di salute degli equilibri istituzionali fra i richiamati organi costituzionali, specie in riferimento al tema del rispetto del limite della discrezionalità legislativa da parte del Giudice delle leggi3.
L’interpretazione evolutiva delle regole del processo costituzionale e la creazione di una nuova tecnica decisoria realizzatesi in occasione del noto caso Cappato-Antoniani4, hanno, infatti, fornito un eclatante momento di riprova di quell’attivismo giudiziale della Corte che, ormai da tempo, induce gli studiosi di diritto costituzionale5 a parlare di uno “sconfinamento”6 della stessa nella funzione legislativa e di una conseguente “invasione di campo” nella sfera di discrezionalità del legislatore.
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SOMMARIO: 1. Considerazioni preliminari su ragioni e itinerario sottostanti alla riflessione. – 2. Il rispetto della discrezionalità legislativa nel sindacato di legittimità della Corte costituzionale: una risalente questione riportata in evidenza dalla vicenda Cappato-Antoniani. – 3. La declinazione del tema nel riconoscimento normativo dell’obiezione di coscienza: fra necessaria interposizione legislativa e circoscritto interventismo della giurisprudenza costituzionale. – 4. Un’eccezione alla regola? Il particolare valore assegnato dalla Corte costituzionale alla clausola di coscienza nella sentenza n. 242/2019. – 5. Le suggestioni offerte dalla Corte: verso un ulteriore ampliamento delle ipotesi di obiezione di coscienza nella disciplina sul “fine vita”?