Il volume di Michael Lewis-Beck, Professore Emerito di Scienza Politica all’Università dell’Iowa, Richard Nadeau, Professore di Scienza Politica all’Università di Montréal ed Eric Bélanger, Professore Associato di Scienza Politica alla McGill University, disponibile anche in lingua francese (“Le vote des Français de Mitterand à Sarkozy – 1988, 1995, 2002, 2007”, ed. Presse de Sciences Po, Paris, 2012), propone una lunga e dettagliata analisi socio-politica delle elezioni presidenziali francesi, comparando in chiave diacronica le quattro tornate elettorali occorse tra il 1988 ed il 2007.
L’intera ricerca si basa su uno studio di Angus Campbell dell’Università del Michigan sul comportamento elettorale: da quel lavoro è emerso un modello, il cosiddetto Michigan model, che prende in considerazione tutta una serie di fattori contingenti che forniscono, nell’insieme, un quadro piuttosto esaustivo delle “elezioni presidenziali statunitensi”: si è tentato cioè di combinare gli effetti del comportamento degli elettori sui risultati elettorali e sulle oscillazioni che si verificano tra una elezione e l’altra al fine di lasciar emergere dinamiche di lungo periodo utili per stabilire alcune previsioni in vista di future elezioni.
Nell’opera di Lewis-Beck si è cercato di integrare il Michigan model aggregando ai dati di breve periodo anche fattori di lungo periodo come gli elementi ideologici, gli aspetti socio-economici dell’elettorato, il carisma e la capacità dei candidati alle elezioni presidenziali francesi. Si tratta di un esperimento unico nel suo genere per quanto riguarda il caso francese: tuttavia gli Autori disegnano una “base di lavoro” per successive ricerche anziché fornire fin da subito, come viene prospettato nell’introduzione, una “teoria generale delle elezioni presidenziali francesi”.
I limiti della ricerca sono dati essenzialmente dalla carenza di specifici dati per le elezioni presidenziali francesi più lontane nel tempo. I sondaggi più datati sono stati inevitabilmente manipolati per adattarsi agli scopi prefissati dagli Autori e ciò lascia emergere qualche dubbio sulla validità stessa della ricerca, in virtù di qualche eccessiva forzatura. Il libro è stato poi pubblicato all’inizio del 2012, anno in cui si sono svolte nuove elezioni presidenziali in Francia: l’assenza di dati relativi all’ultima tornata elettorale e alla clamorosa vittoria del socialista François Hollande, che può aver determinato a nostro parere una pesante svolta nelle dinamiche di lungo periodo, rende il volume in qualche modo “incompleto”.
L’idea di fondo rimane comunque di sicuro valore scientifico: il campo di indagine esplorato dagli Autori – le elezioni presidenziali francesi – è infatti molto vasto e merita una “sistematizzazione” alla stregua di quanto fatto da altri studiosi per altre esperienze (in particolare Stati Uniti, Gran Bretagna e Canada, casi ai quali gli Autori fanno costantemente riferimento, fornendo così in parallelo una ulteriore comparazione, questa volta tra Paesi che differiscono soprattutto per forma di governo e per struttura partitica).
La domanda che gli Autori si pongono all’inizio della ricerca, “Why do French presidential voters act the way they do?” richiama da un lato la necessità di spiegare i risultati elettorali delle presidenziali francesi su una base socio-politica, dall’altro si vuole verificare in che modo il comportamento elettorale influenzi i risultati elettorali.
Il caso francese presenta la vantaggiosa caratteristica della “grande continuità di governo”. Negli ultimi trent’anni la Francia ha conosciuto solo tre Presidenti: il socialista François Mitterand (1981 – 1995), il gaullista Jacques Chirac (1995 – 2007) e Nicolas Sarkozy (UMP, 2007-2012). Tuttavia, la complessità politica che sottostà a questo dato deve essere analizzata a fondo, al fine di giungere a conclusioni scientificamente valide: “France contains two fundamental temperaments – that of the left and that of the right … three principal tendencies, if one adds the center; six spiritual families; ten parties, large or small, traversed by multiple currents; fourteen parliamentary groups without much discipline; and forty million opinions”.
Mettere a confronto più elezioni in un arco di tempo così lungo significa dover tenere conto che i cambiamenti avvenuti a livello partitico sono in alcuni casi drastici e che guardare alla vita politica francese come ad una competizione “destra vs. sinistra” ha senso solo in determinate condizioni. Gli elettori francesi hanno infatti una “considerable choice”: alle elezioni presidenziali del 1995, ad esempio, ben otto candidati avevano superato la soglia del 3% dei voti al primo turno. Alle luce dei risultati delle elezioni presidenziali del 2002 è venuta meno anche l’ipotesi – sostenuta in modo particolare da alcuni politologi francesi – secondo cui il doppio turno tende ad eliminare i partiti più piccoli o quelli estremisti, favorendo pertanto la destra e la sinistra moderate al secondo turno. Il sistema dei partiti in Francia è tuttora multipartitico e nulla lascia pensare che in un prossimo futuro si assisterà ad una riduzione dell’offerta politica in senso “bipartitico”. […]