Il sistema di early warning rappresenta una delle principali novità introdotte dal Trattato di Lisbona: secondo una intuizione già presente nella Dichiarazione di Laeken, i Parlamenti nazionali sono ora i guardiani dell’allocazione di competenze delineata dal diritto primario europeo. La fisionomia di tale controllo sconta, tuttavia, le incertezze semantiche proprie della sussidiarietà: vero e proprio concetto teologico secolarizzato, questo principio ha assunto una varietà di significati normativi attinenti ora al rapporto tra la persona e il potere pubblico, ora alla distribuzione verticale delle funzioni tra centro e periferia, ora ai criteri di legittimazione democratica dell’azione pubblica. Diverse accezioni, dunque, tutte accomunate però dalla volontà di proteggere l’autonomia sociale o territoriale dall’invasione del potere pubblico centralizzato.
Disciplinato dal Trattato di Maastricht ma già prefigurato dal rapporto Delors in funzione di garanzia rispetto all’espansione surrettizia delle competenze della Comunità, nel Trattato di Lisbona il principio di sussidiarietà governa la distribuzione delle competenze non esclusive (concorrenti e di sostegno): a norma dell’art. 5.3 TUE, infatti, nei settori che non sono di sua competenza esclusiva, l’Unione interviene soltanto qualora gli obiettivi di un’azione non possano essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri, ma possano essere raggiunti in misura più adeguata a livello sovranazionale. La disposizione delinea i due criteri, logicamente irrelati, che ammettono l’intervento dell’Unione negli ambiti materiali condivisi con gli Stati membri: da un lato, l’insufficienza teleologica dell’azione statale; dall’altro, il valore aggiunto della regolazione europea.
La lettera dell’art. 5.3 TUE non risolve, tuttavia, il dilemma fondamentale che assiste il principio di sussidiarietà sin dalla sua previsione ad opera del Trattato di Maastricht: non è chiaro, infatti, se esso sia da considerarsi uno strumento di espansione dell’azione dell’Unione – come risulta dalla generosa giurisprudenza della Corte di giustizia – o se, in coerenza con le sue origini teoriche, rappresenti un freno al processo di integrazione, operando in funzione di garanzia per i livelli di governo infracomunitari. Tale incertezza è legata al carattere bifronte del principio di sussidiarietà: esso riassume, infatti, il duplice verso delle dinamiche federali, le quali tendono, da un canto, alla decentralizzazione in funzione di tutela delle diversità politico-territoriali e, dall’altro, a concentrare il potere in nome dell’unità politica dell’ordinamento.
In verità, l’inquadramento sistematico di tale principio nell’ordinamento europeo post-Lisbona porta a collocare la sussidiarietà tra gli strumenti dell’accentramento sovranazionale. Negli ordinamenti nazionali, infatti, il principio di sussidiarietà ha rappresentato un intenso strumento di tutela delle istanze unitarie, volto a promuovere l’integrazione dei livelli di governo in funzione di garanzia dell’unità politica della comunità statale. […]
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