Nel periodo qui in rassegna devono segnalarsi anzitutto due pronunce, relative alle operazioni di sorveglianza elettronica di massa, che sono state emesse il 25 maggio scorso dalla Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo.
La prima sentenza è stata resa nel caso Big Brother Watch & Altri c. Regno Unito.La decisione giunge al termine di un lungo iter processuale, iniziato nel 2013 da 16 organizzazioni e giornalisti attivi nel campo della tutela dei diritti civili e della libertà di stampa a seguito delle rivelazioni di Edward Snowden che dettero avvio al c.d. Datagate. I ricorrenti ritenevano che determinati sistemi di sorveglianza generalizzata delle comunicazioni elettroniche, utilizzati dal Regno Unito nell’ambito di attività d’intelligence per ragioni di sicurezza nazionale, violassero gli articoli 8 e 10 della CEDU2. La sentenza resa il 13 settembre del 2018 dalla Prima Sezione della Corte, pur riconoscendo che alcuni aspetti del regime di sorveglianza britannico, all’epoca dei fatti disciplinato dal Regulation of Investigatory Powers Act (RIPA) del 20003, violassero gli articoli 8 e 10 della Convenzione a motivo di insufficienti garanzie procedurali, non aveva considerato di per sé inammissibile l’intercettazione di massa. In particolare, la Camera aveva ritenuto che i governi nazionali godono di un ampio margine di apprezzamento nel decidere quali misure sono necessarie per garantire la sicurezza nazionale e che l’autorizzazione giudiziaria al fine di operare intercettazioni di massa è soltanto “altamente auspicabile” e non indispensabile per garantire il rispetto dell’art. 8 della Convenzione. Nella richiesta di rinvio alla Grande Camera i ricorrenti lamentavano, tra l’altro, il riconoscimento poco argomentato effettuato dalla Prima Sezione della proporzionalità di sistemi di sorveglianza generalizzata.
Flavia Zorzi Giustiniani, La normalizzazione della sorveglianza di massa nel contesto della CEDU e il Quarto Oxford Statement sulle tutele offerte dal diritto internazionale nel cyberspazio
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