Il terzo quadrimestre del 2021 ha confermato la crescente difficoltà di Fidesz a neutralizzare la volontà delle opposizioni di mettere fine al corso orbaniano in occasione delle elezioni di aprile ormai prossime. A complicare la posizione della maggioranza è il contesto dell’attuale frangente storico: l’irrigidirsi del fronte europeo nell’utilizzo dell’arma finanziaria, il modificarsi della situazione globale rispetto a solo un anno fa (a partire, come si è già detto in altra sede, dalla conclusione di un lungo ciclo politico in Germania), l’acuirsi delle conseguenze sociali ed economiche della pandemia (ragion per cui il Governo si è rassegnato a perdere nuovamente al programma europeo di acquisto dei vaccini da cui si era invece tirato fuori solo pochi mesi fa).
La situazione dei fondi UE e il suo impatto a livello interno
Sul versante europeo, l’Ungheria di Orbán appare ormai sempre più isolata. Il 9 settembre, il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sui diritti LGBTIQ dove, tra le altre cose, “[r]equests that the Commission address the discrimination suffered by the LGBTIQ community in Poland and Hungary in order to urge the Member States to correctly apply and respect the EU legislation on this matter; calls on the Council to resume discussions on proceedings against Poland and Hungary under Article 7 TEU, including on LGBTIQ rights; recalls its position of 17 September 2020 and calls on the Commission to make full use of the tools available to it, to address the clear risk of a serious breach by Poland and Hungary of the values on which the Union is founded, in particular expedited infringement procedures and applications for interim measures before the Court of Justice, as well as budgetary tools; calls on the Commission to continue to keep Parliament regularly informed and closely involved”. ”. Il Ministro della Giustizia ungherese Judit Varga ha reagito denunciando l’infondatezza della posizione politica espressa dalla risoluzione.
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