R. Chr. van O.: Caro Prof. Häberle, nel corso del Suo lavoro ha proposto una lunga serie di concetti e chiavi di ricerca: “interesse pubblico”, “società aperta degli interpreti della Costituzione”, “dottrina della Costituzione come scienza culturale”, “ Costituzione del pluralismo”, “la comparazione giuridica quale quinto metodo interpretativo”, “la cultura quale quarto elemento costitutivo dello Stato”, e infine “la dottrina del costituzionalismo europeo”.
Non vorrei insistere molto su certi aspetti della suo biografia che sono ben noti; piuttosto, per la Collana “Staatsverständnisse” risulta di grande interesse il suo originale approccio alla teoria della Costituzione che, naturalmente, nell’ambito del Volume viene discussa criticamente, anche con riguardo all’opera, alle influenze e alle posizioni che ne condizionano il “contesto”. […]
Chr. van O.: Quanto è stata “tedesca” la sua percezione della “giuspubblicistica tedesca” nel corso degli anni Cinquanta e Sessanta? C’è mai stato a suo tempo un dibattito sul contributo dell’outsider marxista Wolfgang Abendroth?
P. H.: Di fatto mi sono curato continuamente di pochi concetti pregnanti. Posso ricordare la metafora della “cultura costituzionale” (“Verfassungskultur”) (1982), i concetti del “diritto costituzionale della religione” (“Religionsverfassungsrecht”) (1976) e della “riserva parlamentare” (“Parlamentsvorbehalt”) (1972). Alcuni sono stati recepiti fino al punto che si sono diffusi nel linguaggio comune, come ad esempio la caratterizzazione del Tribunale costituzionale federale quale “Tribunale dei cittadini” (“Bürgergericht”).
Vengo alla sua prima domanda. Anche nella mia percezione di allora, negli anni Cinquanta e Sessanta, la giuspubblicistica tedesca era “molto tedesca”, dal momento che non si praticava alcuna forma di comparazione giuridica e la CEDU del 1950 non veniva trattata. Ci si concentrava in tutto e per tutto sulla Legge Fondamentale, sulla sua genesi e sul suo sviluppo, ed era un lavoro comunque impegnativo. Apparivano all’orizzonte le Costituzioni della “Paulskirche” del 1849 e quella di Weimar del 1919, ad esempio nelle belle lezioni di Ernst Rudolf Huber (1903-1990). Naturalmente sullo sfondo c’era Rudolf Smend (1882-1975); e Konrad Hesse (1919-2005), attraverso i suoi famosi seminari di Friburgo che si tennero a partire dal 1956, ci ha introdotto presto a Herman Heller (1891-1933). Per la stessa ragione ringrazio anche Horst Ehmke (1927-). Degli “outsider” non ci si occupava. Non si trattavano neppure gli autori che si erano compromessi con il nazionalsocialismo, né “gli outsider marxisti”, come Wolfgang Abendroth (1906-1985). Questi ultimi si misero in luce quando nel 1954 l’Associazione dei giuspubblicisti tedeschi votò riguardo alle relazioni che si sarebbero tenute nell’ambito del Convegno sullo Stato sociale di diritto di quell’anno [3]. La Rivoluzione del ’68, che ho vissuto con particolare intensità nel corso degli ultimi anni che ho trascorso a Friburgo, e poi a Tübingen (2° semestre 1969) e Marburg (dal 1969), d’un colpo ha travolto tutto, con enormi costi sul piano umano per me, ma anche talune conquiste sul piano scientifico. […]
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Di seguito si riporta il sommario del saggio: 1. Elementi di continuità nell’ambito della giuspubblicistica tedesca e la “Scuola di Friburgo”. – 2. I classici, con particolare riguardo a quelli viennesi e weimariani. – 3 La teoria costituzionale della società aperta. – 4. La cultura costituzionale e la dottrina costituzionale comparata (europea). – 5. Diritti umani, libertà e democrazia.