Trent’anni dopo la consacrazione normativa della cittadinanza europea, grazie all’entrata in vigore del Trattato di Maastricht che ha posto l’individuo al centro della costruzione europea, sembra utile riflettere sulla sua genesi, sul cammino impervio che ha dovuto affrontare e che spesse volte continua a percorrere, ma soprattutto sulla sua relazione inedita, talora difficile da definire con la cittadinanza nazionale. Ci troviamo al trentesimo anniversario della cittadinanza europea eppure questo evento è passato in sordina e come mai non ce ne siamo resi conto? Oramai siamo abituati a beneficiare di tutte le garanzie ad essa collegate, prima fra tutte la possibilità di spostarsi liberamente all’interno dello spazio europeo e a godere dello stesso trattamento giuridico qualora ci «si trovi nella medesima situazione […] indipendentemente dalla nazionalità e fatte salve le eccezioni al riguardo espressamente previste». Eppure, quando un paio di anni fa questa fondamentale libertà di circolazione e di soggiorno nel territorio degli Stati membri ci è stata sottratta dalla gestione della pandemia di Covid-19, abbiamo sentito tutto il peso di questo strumento giuridico innovativo, al punto da avvertire la sua mancanza. […]
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SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. L’equilibrio precario tra cittadinanze: verso il crollo? – 3. Il ruolo attivo della Corte di Giustizia dell’Unione europea nella definizione del rapporto tra cittadinanza nazionale e cittadinanza europea. – 4. Gli effetti delle legislazioni nazionali sulla cittadinanza europea. – 4.1. Una permeabilità tra cittadinanze a volte problematica. – 4.2. Decisioni degli Stati membri non sempre virtuose e dirette conseguenze. – 5. Spunti conclusivi.