Il meglio della generazione di giovani che il mondo cattolico fu capace di attrarre e di educare alla cosa pubblica nel tempo immediatamente post costituente – e penso a tre amici e sodali: Alfredo Carlo Moro, Leopoldo Elia e Vittorio Bachelet, non per caso tutti e tre protagonisti anche del mondo universitario cattolico, come direttore, con-direttore ed editorialista della rivista fucina Ricerca, ma penso evidentemente anche a molti altri- furono formati proprio per approfondire, sperimentare e praticare la mediazione, addestrandosi al senso storico e alla capacità di cogliere il modo nel quale i princìpi essenziali e immutabili possono e debbono trovare applicazione fra gli uomini del nostro tempo, sfuggendo alle sirene dell’integralismo, ma senza cadere nelle trappole dell’attivismo, inanellando cioè operazioni che, per essere state pensate “a fin di bene”, potevano essere anche disinvolte e partigiane.
Non per caso, in quegli stessi anni, Leopoldo Elia denunciava l’inizio della degenerazione della DC che stava diventando “partito di occupazione del potere”.
I princìpi essenziali ed immutabili ai quali faceva riferimento Bachelet in un testo che citerò fra breve erano:
- a) la fede e il Vangelo come alimento;
- b) la giustizia come fine ultimo;
- c) il bene comune come traguardo ed orizzonte;
- d) la mediazione come metodo;
- e) il pluralismo istituzionale – quello imperniato su diverse comunità intermedie- come strumento.
Delle tante, e a questo punto necessarie, messe a punto che un simile approccio richiede, mi limito in questa occasione a metterne in luce una: quella del venir meno, e rovinosamente, nell’ultimo trentennio (dal 1985 ad oggi) di qualificate Agenzie educative-formative all’interno del mondo cattolico, con riguardo alla politica e alla vita delle istituzioni. So bene che il discorso dovrebbe estendersi anche alle altre famiglie culturali: socialista e comunista, liberale e radicale e così proseguendo, ma consentitemi di guardare, prima di tutto, in casa mia e non dimentico di dover giustificare il mio dire con un riferimento esplicito a Bachelet.
Dicevamo, dunque, che dopo la grande stagione dell’Assemblea Costituente, quando le file della Democrazia Cristiana si erano riempite di molti professionisti intellettuali: docenti universitari, giuristi avvocati, economisti, ecc., che quasi direttamente i Vescovi avevano designato e sospinto all’azione politica – e penso ovviamente a Dossetti, Lazzati, Fanfani, La Pira, Tosato, Mortati, Vanoni, eccetera- non vennero mai meno la volontà e lo sforzo organizzativo di continuare ad alimentare e aggiornare un pensiero giuridico, economico, sociale ed istituzionale al quale collaborarono plurime, e non univoche, Agenzie formative.
Il primo pensiero va a:
– i Convegni dei Giuristi cattolici (ad esempio quello del 1951 su Funzioni e ordinamento dello Stato moderno, con la grande relazione di Dossetti, che proprio lo scorso anno ho avuto la ventura di poter pubblicare, in un’edizione corretta e stabilita, presso Vita e Pensiero. Ma vanno ricordati anche quelli del 1949, quando venne analizzata la Dichiarazione universale dei diritti umani nonché le problematiche della Contrattazione collettiva e dello sciopero, mentre nel 1950 ci si occupò di Riforma della legge penale e degli istituti famigliari;
– le Settimane sociali dei cattolici promosse dai Vescovi italiani fin dai primi del ‘900 – ed è a questo proposito che viene in taglio un riferimento esplicito a Bachelet;
– i Convegni annuali di aggiornamento dell’Università Cattolica, fortemente voluti dal mio Rettore Lazzati tra gli anni ‘70 e l’85, i quali spaziarono su moltissimi temi rilevanti sotto il profilo giuridico, economico, sociale e politico: tra questi: La laicità (Verona, 1977);
Il pluralismo sociale nello Stato democratico (Ferrara, 1980); e Stato e senso dello Stato oggi in Italia (Pescara, 1981). […]
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