Nel dare avvio a questa rassegna, dedicata al diritto nel cyberspazio, ci troviamo subito confrontati con alcuni sviluppi di estremo rilievo occorsi nell’ultimo quadrimestre. Si tratta in particolare di due sentenze, entrambe della Corte di Giustizia europea (CGE), che affrontano, da diverse e all’apparenza opposte prospettive, una tematica cruciale dell’informazione digitale: il diritto all’oblio su Internet e i relativi obblighi delle big corporations digitali quali Google e Facebook. La prima sentenza, emessa dalla Grande Sezione della CGE il 24 settembre nel caso Google LLC, succeduta alla Google Inc. c. Commission nationale de l’informatique et des libertés (CNIL), concerne la questione – tuttora attualissima e controversa – dell’ambito di applicazione territoriale del diritto all’oblio, rectius alla deindicizzazione. Tale diritto era stato riconosciuto nel 2014 dalla stessa Corte nella celebre sentenza “Google Spain”, in cui si afferma che ogni individuo interessato può chiedere ad una search engine che tutti o parte dei risultati di ricerca che lo riguardano e che risultano inesatti, ma anche inadeguati, non (più) pertinenti o eccessivi rispetto alle finalità del trattamento non siano più accessibili. L’oblio ha poi trovato consacrazione nel regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 sulla protezione dei dati personali (GDPR), che all’art. 17, evocativamente rubricato “Diritto alla cancellazione (diritto all’oblio)”, ne fornisce una specifica disciplina.
La sentenza qui in rassegna trae origine dalla decisione del 10 marzo 2016 della CNIL, garante francese della privacy, di comminare a Google una multa da 100 mila euro in ragione del rifiuto da parte della società di Mountain View, nell’accogliere una domanda di deindicizzazione, di applicare il de-listing a tutte le estensioni del nome di dominio del suo motore di ricerca. Il fatto che la controversia sia nata in Francia non può dirsi casuale, considerato che l’Exagone è il Paese europeo più attivo in merito all’esercizio del diritto all’oblio. Google si era rifiutato di ottemperare a quanto intimatogli dall’autorità francese il 21 maggio 2015, proponendo invece, peraltro dopo la scadenza del termine fissato nella diffida, il mero geo-blocking (blocco geografico), ovvero di sopprimere la possibilità di accedere, da un indirizzo IP […]