Francesca Biondi, Le conseguenze della Riforma costituzionale del 2019

L’approvazione definitiva, in data 8 ottobre 2019, della proposta di legge costituzionale «Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari», con cui il numero dei componenti di Camera e Senato sono stati rispettivamente ridotti a quattrocento e duecento, ha innescato ulteriori iniziative legislative, di rango costituzionale e ordinario: da un lato, sono già all’esame delle Commissioni Affari costituzionali delle Camere altri progetti di riforma degli artt. 56 e 57 Cost., dall’altro, pare che i partiti della maggioranza, incalzati dall’iniziativa referendaria di otto Regioni, abbiano ricominciato a discutere di una nuova legge elettorale. L’occasione impone qualche riflessione complessiva su progetti che potrebbero nuovamente incidere sulla composizione e sulle modalità di formazione delle Assemblee rappresentative nazionali. Come si è fatto cenno e come del resto ampiamente noto, nell’ottobre scorso le Camere hanno approvato a maggioranza assoluta una puntuale revisione del testo costituzionale per ridurre il numero dei componenti di Camera e Senato.

Già in passato si era ipotizzato di diminuire il numero degli eletti, ma il progetto ora approvato si discosta dai precedenti in quanto si incide esclusivamente sulla composizione numerica, senza modificare composizione e funzioni del Senato. In precedenza, le (peraltro più contenute) proposte di riduzione del numero degli eletti erano invece inserite in una più ampia e meditata revisione dell’assetto bicamerale. Di ciò si trova eco solo in una delle relazioni illustrative dei disegni di legge da cui ha avuto origine la revisione costituzionale qui in esame, la A.S. n. 215 (Quagliariello). Evidenziando la necessità di rivedere la forma di governo definita dalla Costituzione, si è proposta la (sola) riduzione del numero dei parlamentari come passo preliminare ad una più ampia revisione costituzionale, assumendo che tale intervento possa, nel frattempo, «contribuire a rendere il nostro bicameralismo meno rissoso e conflittuale e il procedimento legislativo più agile e spedito, nonché a consentire di ridurre opportunamente i costi della politica senza forzare le disposizioni costituzionali e la certezza del diritto». Se ne può dedurre che, nella prospettiva del proponente, l’obiettivo resti una democrazia maggioritaria, “decidente”, in cui il baricentro della forma di governo si sposta sul potere esecutivo, e alla quale sarebbe più funzionale un numero più esiguo di parlamentari. Diversamente, nella relazione illustrativa del disegno di legge costituzionale A.S. n. 515 (Calderoli, Perilli) non vi è alcuna indicazione delle ragioni della riforma. […]

 

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Sommario: 1. Introduzione – 2. Le altre riforme costituzionali all’esame del Parlamento: verso un bicameralismo più che perfetto? – 3. L’ennesima riforma della legge elettorale? – 4. … incalzati da un referendum abrogativo

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