I drammi dovuti al terrorismo vissuti dalla Francia in questi ultimi mesi hanno fatto da triste ed angosciante cornice alle dinamiche politiche messe in atto nell’ultimo periodo a meno di un anno dalle elezioni presidenziali del 2017.
La contestatissima legge sul lavoro – che ha suscitato proteste di piazza, manifestazioni e un’ondata di scioperi in tutto il Paese – approvata in appena quattro mesi a colpi di fiducia, i dissidi interni alla maggioranza e i contrasti nella stessa compagine governativa culminati con le dimissioni di fine agosto del Ministro dell’Economia Emmanuel Macron, hanno caratterizzato l’evoluzione della forma di governo e fatto sorgere interrogativi sulla natura della stessa.
Al di là degli aspetti contenutistici della legge, il dato che emerge con più forza è senza alcun dubbio il ripetuto ricorso al meccanismo della questione di fiducia ex art. 49-3 Cost. Il continuo ricorso ad esso (ben tre volte) in appena due mesi sembra riaprire il dibattito sul parlamentarismo razionalizzato della Costituzione del 1958.
Come è noto, nel 1958 de Gaulle e il suo più stretto collaborato Michel Debré affidarono alle massicce dosi di parlamentarismo razionalizzato, introdotte nel nuovo testo costituzionale, il compito di garantire la governabilità e la possibilità per i Governi di portare avanti l’indirizzo politico e di prevalere sulle riottose e instabili maggioranze che avevano fino ad allora caratterizzato l’ esperienza costituzionale della IV Repubblica. I Governi furono così blindati da previsioni costituzionali quali quelle degli artt. 48 Cost. (ordine del giorno), 44 Cost. (voto bloccato) e appunto 49-3 Cost. (questione di fiducia, senza voto parlamentare) che costituirono lo zoccolo duro di quel parlamentarismo razionalizzato pensato per un Paese il cui male maggiore, alla luce delle due esperienze precedenti della III e IV Repubblica, era allora rappresentato dall’instabilità ministeriale e dalla conseguente debolezza dei Governi. Tuttavia, la forte lettura presidenzialistica impressa da de Gaulle alle istituzioni della V Repubblica, l’avvento del fait majoritaire del 1962 e la trasformazione della democrazia francese in democrazia maggioritaria, poi, dal 1981, dell’alternanza, fecero ben presto perdere ai meccanismi di parlamentarismo razionalizzato – in particolare all’art. 49.3 Cost. – gran parte della portata propulsiva divenendo meccanismi, per così dire “di supporto” in tutte le occasioni in cui la maggioranza non si fosse dimostrata così larga e compatta. È quanto successe, ad esempio, tra la fine degli anni ’80 e i primi anni ’90 quando in piena fase di “ouverture” che seguì la prima coabitazione, i Governi socialisti del secondo mandato di Mitterrand, in particolare quello Rocard che ancora detiene il record di utilizzo dell’art. 49-3 Cost., vi fecero numerose volte ricorso. Tale meccanismo – che, come è noto, permette al Governo di far passare un testo senza voto parlamentare (fatta salva la possibilità per l’Assemblea Nazionale di votare una mozione di censura) – era stato tra i più contestati della Costituzione del 1958, a tal punto che la riforma costituzionale del 2008 ne aveva circoscritto l’ambito alle sole leggi finanziaria e di previdenza sociale e ad un solo altro testo per sessione parlamentare. […]