“En 1793, les constituants de la première République proclamèrent à l’article 28 de la Déclaration des droits de l’homme et du citoyen, dans sa version de l’époque: ‘Un peuple a toujours le droit de revoir, de réformer et de changer sa Constitution. Une génération ne peut assujettir à ses lois, les générations futures’. Force est de constater que notre pays a suivi ce principe à la lettre…Tant et si bien qu’il est légitime de se demander si, en vérité, changer nos Institutions n’est pas un tropisme français face à l’adversité”.
Con queste parole il Presidente dell’Assemblea Nazionale ha introdotto il 27 novembre la prima riunione del Groupe de travail sur l’avenir des institutions istituito presso la camera bassa con lo scopo dichiarato di riflettere su una possibile evoluzione delle istituzioni francesi in un contesto di profondamenti mutamenti sociali, economici, politici, e culturali.
Ed è così che a qualche anno dalla grande revisione 2008 si è tornati a parlare di riforme costituzionali, un rimedio – sembra leggersi tra le righe – alle difficoltà incontrate dalla politica a far fronte alla persistente crisi che sta mettendo in affanno il Paese, una risposta alla crisi di fiducia che attraversa la democrazia francese e che impone agli attori politici di interrogarsi sull’efficacia della loro azione.
Una nuova spinta al riformismo istituzionale, dunque, che annuncia da lontano una nuova ondata di revisioni e che, in qualche modo, è stata anticipata dalle risoluzioni approvate nell’ultimo quadrimestre all’Assemblea Nazionale per la modifica del proprio Regolamento. Le due risoluzioni approvate e le relative modifiche degli articoli del RAN hanno riguardato infatti gruppi (risoluzione n. 404) e i lavori parlamentari (risoluzione n. 437) e sono andate nella direzione di un rafforzamento della funzione di controllo del Parlamento e nella direzione di una articolazione del processo legislativo più trasparente ed efficiente con strumenti che rendano effettive e percorribili le forme già previste dalla Costituzione. In particolare, la modifica che ha riguardato i gruppi parlamentari con la creazione dello statuto di associazione dei gruppi – legata all’attualità recente – rappresenta come si legge nell’Exposé des motifs del progetto di risoluzione “le plus sûr moyen pour un groupe parlementaire de fonctionner juridiquement dans de bonnes conditions” permettendo “également la mise en place d’outils de contrôle interne”. Mentre la risoluzione sui lavori parlamentari, in attesa di riforme più incisive e condivise per un maggiore equilibrio dei poteri, ha permesso di dinamizzare funzione di controllo e procedimento legislativo.
Ma nel momento in cui si profilano all’orizzonte nuove modifiche negli ultimi quattro mesi altre importanti riforme hanno visto la luce.
In primo luogo, è stata approvata la legge organica di applicazione dell’art. 68 Cost. relativa sulla procedura di destituzione del Presidente della Repubblica. Questa legge attesa da molti anni, ha dato finalmente attuazione alla riforma costituzionale del 2007 rendendo una realtà la possibilità di destituzione non giudiziaria del Capo dello Stato da parte dell’Alta Corte di formazione parlamentare. Un tassello mancante che ha colmato una lacuna dell’ordinamento francese di cui ciclicamente si tornava a dibattere.
La seconda importantissima riforma ha, invece, riguardato le Regioni. Il Parlamento francese ha infatti, non senza un iter parlamentare tortuoso in cui Senato e Assemblea Nazionale si sono dati battaglia sino alla fine, approvato la riforma che, oltre a mettere mano al calendario elettorale relativo alle prossime consultazioni locali, riduce il numero delle Regioni francesi da 22 a 13. Si è trattato di una riforma epocale in primo luogo perché frutto di una scelta non facile il cui progetto è stato realizzato in pochissimi mesi, in secondo luogo perché rappresenta sicuramente un ulteriore momento forte per l’evoluzione del decentramento francese in quanto coinvolge l’ente territoriale Regione, destinato a divenire, nell’intenzione del legislatore, il livello territoriale per eccellenza, in grado di competere nella prospettiva europea. Non è un caso, infatti, che attualmente anche un altro progetto relativo alla ridefinizione del ruolo e delle funzioni delle Regioni sia in corso di approvazione.
Il panorama istituzionale francese appare dunque ancora una volta in evoluzione ma tutto questo avviene mentre la crisi in cui versa il quinquennato di Hollande non accenna a diminuire con la disoccupazione in crescita, la crisi economica sempre più profonda e un gradimento dei francesi verso il Presidente e il suo Governo sempre più in caduta libera con il raggiungimento di livello minimi del 12% per Hollande (proprio nel giorno del “mi-mandat”) e del 22% in novembre per Valls che dopo l’arrivo a Matignon sembra aver perso molti dei consensi ricevuti negli anni precedenti come Ministro degli Interni. […]
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