Signor Presidente della Repubblica, Rettore Magnifico, Signora Miesi Bachelet, on. Legnini, caro Giuliano (perché Tu sei nostro Emerito e, quindi, sei di casa), cari Colleghi, Signore e Signori!
A nome del Dipartimento di Scienze politiche e del Master in Istituzioni parlamentari “Mario Galizia” debbo ringraziare, e non formalmente, il Capo dello Stato per la Sua significativa presenza al Convegno organizzato per il 35° anniversario del sacrificio di Vittorio Bachelet.
Il Signor Presidente, subito dopo la Sua elezione alla suprema magistratura della Repubblica, ha voluto rendere omaggio alle Fosse Ardeatine come simbolico luogo, in cui sono allocati i valori fondanti della nostra Comunità nazionale, rinata sui valori della Resistenza al nazifascismo e retta dalla Costituzione repubblicana. La Sua partecipazione a questo Convegno rappresenta, invece, per noi tutti un significativo omaggio alle vittime delle stragi e degli omicidi che terrorismo e mafia hanno perpetrato nel tempo, in un luogo legato alla memoria di Vittorio Bachelet, di Aldo Moro e di Massimo D’Antona.
Sono passati 35 anni dalla morte di Vittorio Bachelet e molte doverose commemorazioni sono state fatte in questi luoghi.
Ricordo solo le prime due. La prima in assoluto si tenne il 13 marzo 1980 proprio in questa stessa Aula con il ricordo di Flaminio Franchini, ordinario della prima cattedra di Diritto amministrativo della Facoltà, poi pubblicato nell’annuario accademico 1979/80. La seconda si verificò quando venne scoperta la lapide marmorea (che ora è provvisoriamente ricoverata in un ufficio del secondo piano di quest’edificio, in attesa del completamento della “sopraelevazione infinita” iniziata nel 1992) nel punto in cui Bachelet fu ucciso.
In quell’occasione erano presenti i familiari (l’Avvenire dell’8 giugno ricorda il fratello Padre Adolfo, il cognato Giuseppe Trunfio, il Rettore Antonio Ruberti, il Presidente dell’Azione Cattolica Mario Agnes).
Poi nel corso degli anni si sono inanellate tante altre occasioni di riflessione e di ricordo. Dieci anni fa, sempre in quest’aula oramai dedicata a Bachelet, si tenne un convegno organizzato dall’Associazione Vittorio Bachelet (presieduta da Giovanni Conso), in occasione del quale Giovanni Bachelet affermò che era oramai passata una generazione dalla morte del Padre Vittorio e che temeva che il ricordo si sarebbe inevitabilmente scolorito. Questo incontro vuole ribadire con forza la permanenza della memoria sul doppio profilo personale e di gruppo.
In questo intervento mi occuperò non soltanto della presenza di Bachelet in Facoltà, ma del gruppo di giuristi della stessa e delle trasformazioni de “La Sapienza” nell’ambito della transizione del settore dall’Università di élite a quella di massa. Si tratta in sostanza del periodo in cui la stessa venne abbandonata dal potere politico e dalla classe dirigente e considerata non più governabile, in un preciso ambito temporale scandito − da un lato- dai provvedimenti urgenti del 1973, che pensarono in sostanza al personale e − dall’altro- dal DPR 382 del 1980, che confermò alcuni indirizzi precedenti, intervenendo parzialmente sulle strutture, ma soprattutto certificò, in ambito romano, la rottura del delicato equilibrio esistente tra accademia e politica nel periodo precedente.
In un simile quadro cercherò di evidenziare come ciascuno di noi abbia reagito e sia stato colpito dall’evento dell’assassinio di Bachelet e come lo stesso abbia pesato e influisca ancora oggi in questo spazio, in cui d’altro canto aleggia il Suo esempio. […]
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Di seguito si riporta il sommario del saggio: 1. Premessa 2. Bachelet e la Facoltà romana di Scienze politiche 3. L’omicidio Bachelet 4. I tre omicidi: l’impatto comparato su una comunità 5. Conclusioni