Emilio Gentile mi aveva proposto come titolo di questo intervento Il Gran Consiglio del fascismo nello Stato monarchico; ho preferito, invece, il più classico Il Gran Consiglio e il governo monarchico rappresentativo, con un esplicito riferimento al dettato statutario dell’articolo 2, al fine di poter analizzare il tema delle riforme istituzionali incrementali del regime e le conseguenze per la classificazione della forma di governo allora vigente (ovviamente con le avvertenze fornite a suo tempo da Leopoldo Elia sullo schiacciamento delle forma di governo sulla forma di Stato negli ordinamenti non democratici)1. In questo modo mi sarà possibile: da un lato, analizzare il ruolo del Gran Consiglio tra gli organi supremi del regime nell’ambito di quella trasformazione progressiva dell’impianto statutario, la cui natura flessibile permetteva modificazioni anche incisive, ma vincolate alla elasticità della struttura complessiva soggetta a fenomeni di modificazione plastica e di snervamento con pericolo di rottura; dall’altro, valutare la correttezza delle procedure di passaggio dal Governo Mussolini al Governo Badoglio, formalmente provocata dal voto sull’o.d.g. del Gran Consiglio.
Il tema sullo sfondo è quello dell’avvento dello Stato di massa non democratico in Italia, caratterizzato dal compromesso diarchico tra monarchia e fascismo. In questa prospettiva l’affermazione di Marcel Gauchet che “il fascismo italiano rappresenta il caso unico di una dittatura totalitaria coesistente con la sopravvivenza di istituzioni tradizionali che rappresentano, malgrado il loro indebolimento, un freno considerevole alle sue pretese”2 evidenzia la posizione di cerniera dell’ordinamento costituzionale italiano durante il ventennio fascista. In esso si evidenzia la tensione fra un ordinamento autoritario nella struttura ed uno totalitario nell’ideologia, che tende ad applicarsi in modo incrementale3 con tensioni sempre più forti. L’ordinamento costituzionale fascista fu, indubbiamente, caratterizzato fino alle soglie del secondo conflitto mondiale da una forte dinamicità. Si è parlato di innovazioni incrementali o, addirittura, di rivoluzione permanente. In un simile quadro dopo il 1925, la legge sul Governo del Re, la Carta del lavoro, la legge sul Gran Consiglio del Fascismo, quella sul maresciallato dell’Impero, l’istituzionalizzazione del Pnf, la trasformazione della Camera dei deputati in Camera dei fasci e delle corporazioni evidenziarono come lo Statuto albertino fosse divenuto un baccello capace di contenere molte cose differenti sulla base della sua flessibilità, ma come la stessa potesse raggiungere(e per alcuni avesse raggiunto) un punto di “rottura”. […]
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Di seguito si riporta il sommario del saggio: 1. Premessa – 2. Uno sguardo dal fondo – 3. La Monarchia e lo Statuto – 4. Lo Stato di massa tra liberal democrazia e opzione autoritaria a tendenza totalitaria – 5. La legge sul Gran Consiglio del fascismo e la natura dell’organo supremo – 5.1. Che cos’era – 5.2. Competenze – 5.3. Chi ne faceva parte? – 5.4. Commento – 6. La forma di governo nell’ordinamento fascista – 7. L’ordinamento fascista e l’elasticità dello Statuto