La sentenza della Corte costituzionale del 9 febbraio 2017, n. 351, dichiarando l’illegittimità parziale della legge n. 52 del 6 marzo 2015 (e delle modifiche apportate al testo unico per l’elezione della Camera dei deputati, d.P.R. n. 361 del 30 marzo 1957), ha posto studiosi e attori della scena politica davanti al secondo intervento della Consulta sulle norme elettorali politiche in pochi anni2. Entrambi provocati da azioni nate “dal basso” (a lungo ritenute inammissibili), hanno evidenziato principi in tema di legislazione elettorale di cui i parlamentari dovranno tener conto nel definire – numeri in aula permettendo – nuove regole per trasformare i voti in seggi.
Dall’ultima decisione e dal suo precedente, la sentenza n. 1/20143, il legislatore dovrebbe trarre criteri e limiti per la propria azione, anche solo per armonizzare le regole elettorali “superstiti” di Camera e Senato. Per questo, vari passaggi del decisum della Corte richiedono un’analisi approfondita (anche quando certe norme non sono state dichiarate illegittime), così da valutare meglio i possibili riflessi delle sentenze in materia elettorale, anche in vista di eventuali nuovi sindacati di legittimità. […]