Negli organi collegiali pubblici si è soliti indicare con il concetto di primazia la posizione giuridica di colui che esercita compiti di impulso e coordinamento delle attività del collegio, normalmente definito presidente; una posizione da cui discende un’originale relazione di equiordinazione tra l’ufficio preposto alla guida dell’organo collegiale e gli uffici di semplice componente. Nonostante si tratti di una figura organizzatoria di pariordinazione, la primazia implica, cionondimeno, l’attribuzione in capo al titolare dell’ufficio presidenziale di poteri eterogenei in vista del corretto ed efficace svolgimento dei lavori; poteri che qualificano il presidente alla stregua di un primus inter pares, in una posizione di preminenza formale sugli altri componenti del consesso. In passato le nozioni di primazia e di primus inter pares hanno assunto significati differenti tanto nell’ambito delle relazioni infra-collegiali quanto nei rapporti interorganici ed interindividuali. La prima come espressione di una posizione, più o meno accentuata, di sovraordinazione, la seconda, viceversa, quale formula indicativa di una posizione di priorità nella pariteticità. Massimo Severo Giannini è stato il primo ad assimilare le due espressioni, un tempo eterogenee.
Nelle Lezioni di diritto amministrativo del 1950 il Maestro individua, infatti, nella primazia una figura organizzatoria di originale equiordinazione, applicabile alle relazioni infra-collegiali, in cui il presidente è solamente un primus inter pares rispetto agli altri membri del consesso. La primazia si caratterizzerebbe, del resto, per l’attribuzione al presidente di alcune funzioni amministrative in vista del corretto andamento dei lavori; funzioni tali da esprimere, in via ordinaria, una posizione di preminenza meramente formale sugli altri componenti, secondo un principio di reciproca pariordinazione. Questi interessanti spunti di riflessione vengono, poi, approfonditi dalla dottrina successiva che si è domandata, in special modo, se alcune funzioni presidenziali siano effettivamente riconducibili ad una relazione di pariordinazione o vadano piuttosto inquadrate in un diverso rapporto di sovraordinazione con il collegio ed i suoi membri.
La primazia, quale figura organizzatoria tipica del diritto amministrativo, può ricevere trasversale applicazione in ogni organo collegiale, ivi inclusi gli organi politico-assembleari. Anche in questi ultimi, del resto, la posizione giuridica del presidente viene ad articolarsi in una pluralità di funzioni amministrative discrezionali, generalmente identificate nella convocazione delle adunanze, formulazione dell’ordine del giorno, direzione dei lavori, polizia delle sedute. L’ampia discrezionalità che, di regola, connota tali funzioni può subire, tuttavia, limitazioni qualora il diritto positivo preveda espressamente forme di condivisione con il collegio ed i suoi componenti oppure azzeri ogni margine di scelta configurando in senso vincolato uno o più atti presidenziali.
Gli elementi che qualificano le funzioni tipiche della primazia si rinvengono nella: strumentalità rispetto al corretto svolgimento dell’attività collegiale e al suo fisiologico esito deliberativo; natura meramente formale-procedurale da cui discende l’inidoneità ad incidere sull’autonomia decisionale degli altri componenti.
Malgrado ciò, da un’analisi empirica degli organi collegiali politico-assembleari emerge come il concreto esercizio delle funzioni di primus inter pares possa, eccezionalmente, determinare episodi di preminenza sostanziale del presidente sugli altri membri del consesso; una preminenza, pertanto, occasionalmente idonea ad incidere sulla formazione della volontà collegiale e, conseguentemente, sulla deliberazione finale.
Le ragioni di un tale fenomeno vanno individuate sia, a valle, nei casi di patologico esercizio delle funzioni di primus inter pares sia, ancor prima a monte, in alcuni elementi o vicende che possono connotare fisiologicamente l’ufficio di presidente ed il rispettivo titolare. In special modo si rileva un’accresciuta intensità di esercizio dei poteri presidenziali nelle ipotesi di: attribuzione della diversa ed ulteriore posizione di organo monocratico; nell’individuazione attraverso determinate modalità di scelta; nell’assenza di un meccanismo di revoca da parte dei componenti; nel riconoscimento di taluni poteri di sovraordinazione. Trattasi, dunque, di elementi che, individualmente o in modo concorrente, possono arricchire il contenuto della primazia di ulteriori profili di preminenza sostanziale.
Obiettivo del presente articolo è analizzare in una prospettiva teorico-applicativa gli aspetti fisiologici e patologici della primazia, chiarendo se nell’ambito degli organi collegiali politico-assembleari essa assuma connotati solo formali o anche sostanziali, come tali idonei ad accrescere l’incidenza del ruolo presidenziale sulle attività del collegio. […]
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Di seguito si riporta il sommario del saggio: 1. Introduzione 2. La posizione di primazia o di primus inter pares del presidente negli organi collegiali pubblici 3. Ambito applicativo della primazia e suoi elementi caratterizzanti 4. Le funzioni tipiche della primazia: natura, tratti distintivi e vicende applicative 5. Gli organi collegiali politico-assembleari. Considerazioni preliminari 5.1. I Consigli comunali e provinciali. La primazia del presidente sugli altri componenti del consesso 5.1.1. La patologia delle funzioni presidenziali: l’intervento sostitutivo del Prefetto 5.2. I Consigli regionali. Le funzioni presidenziali di impulso e coordinamento dei lavori dell’Assemblea 5.2.1. Aspetti patologici della primazia presidenziale 5.3. Le Commissioni parlamentari. Gli elementi di specialità della posizione di primus inter pares del presidente 5.3.1. Le funzioni tipiche della posizione di primazia del presidente: profili fisiologici e risvolti patologici 6. Conclusioni