Nell’estate del 2015 si registrò in Europa un massiccio movimento di persone che partite soprattutto – ma non solo – dalle regioni del Medio Oriente, dopo aver attraversato i Balcani, si dirigevano verso i confini della Germania e di altri Stati del Nord Europa, con l’obiettivo della conquista di un titolo idoneo a soggiornarvi permanentemente. In quella situazione il governo federale in carica, guidato dal Cancelliere Angela Merkel, prese la decisione, allora sorprendente, di non respingere alle frontiere i migranti, e dunque di non applicare il regolamento di Dublino sui richiedenti asilo e la normativa nazionale che disciplina i controlli alle frontiere e il soggiorno degli stranieri.
In forza di quella scelta politica in un paio di mesi si registrarono diverse centinaia di migliaia di ingressi di richiedenti asilo – 206.101 solamente nel mese di novembre, secondo quanto riportato dall’Ufficio federale per i migranti e i profughi (Bundesamt für Migration und Flüchtinge) – con conseguenti enormi oneri di spesa, in buona parte a carico dei Comuni. Tale decisione non venne formalizzata con un atto normativo, nè con un atto di indirizzo per iscritto. Il Ministro degli Interni Thomas de Maziere (CDU) istruì invece il Capo della Polizia federale nell’ambito di un colloquio svoltosi il 13 settembre 2015, così come chiarito dal Governo federale il 23 febbraio 2018 in risposta ad una interrogazione parlamentare scritta [BT 19/883, p. 3]. Da allora non si è mai sopito il dibattito nazionale che attiene non solamente all’opportunità politica di quelle scelte, ma anche alla loro legittimità.
Il parere licenziato l’8 gennaio 2016 da Udo Di Fabio, Professore presso l’Università Rheinischen Friedrich-Wilhelms di Bonn e già giudice del Tribunale costituzionale federale, su incarico del governo bavarese [Migrationskrise als föderales Verfassungsproblem] ha affrontato la questione nella particolare prospettiva di un potenziale conflitto di attribuzioni tra Federazione e Länder, teso cioè ad accertare un’eventuale violazione, da parte della Federazione, dell’obbligo costituzionale di garantire il controllo delle frontiere, concludendo nel senso della irrinunciabilità della potestà di controllo (a prescindere dal modo in cui essa venga esercitata), in quanto espressione della statualità, e dunque parte dell’identità costituzionale tedesca. […]