É pensabile una democrazia europea realmente rappresentativa dopo l’ennesimo fallimento rappresentato dalle ultime elezioni europee? Un aumento delle competenze dell’UE rafforzerebbe o indebolirebbe la democrazia in Europa? Attorno a questi interrogativi chiave si sviluppa una parte fondamentale dell’importante riflessione di Dieter Grimm. Riflessione che, occorre dirlo subito, giunge ad un responso decisamente negativo: la democrazia europea non è possibile poiché l’intero sistema manca dei presupposti sociali della democrazia.
Il primo punto chiave del “teorema di Grimm sull’impossibilità democratica dell’UE” è l’affermazione che il Parlamento Europeo non è, e molto probabilmente non sarà mai, sufficientemente rappresentativo della comunità politica europea. L’assoluta improbabilità dell’aumento della capacità rappresentativa del PE è fondata sul rilevare, a livello comunitario, la mancanza dei “presupposti sociali della democrazia”. Non solo, argomenta Grimm, vengono meno i legami tradizionali (famiglia, chiesa, classe sociale e contesto locale) che stabilizzano i legami entro le comunità politiche (nazionali), ma i partiti politici europei, a differenza di quelli nazionali, non sono neppure radicati nella società e determinano così l’interruzione del nesso democratico chiave che esiste tra delega e responsabilità. Questo perché le elezioni europee consistono in una serie di elezioni nazionali più o meno simultanee nelle quali i partiti nazionali giocano un ruolo assolutamente predominante se non proprio esclusivo. Si potrebbe argomentare allora che una riforma del processo elettorale che portasse ad una situazione di competizione per il voto su base europea e non nazionale, cioè la formazione di un sistema di partito transnazionale, potrebbe ovviare al problema del debole o assente radicamento dei partiti europei e quindi generare il nesso democratico oggi assente. Tuttavia per Grimm questa strada non solo è assolutamente impercorribile a causa della già ricordata assenza, a livello comunitario, dei “presupposti sociali” della democrazia, ma non servirebbe a nulla perché il processo di costituzionalizzazione dei trattati avrebbe già sottratto stabilmente la gestione delle politiche pubbliche comunitarie al Consiglio dell’UE e al Parlamento per affidarle a due attori a forte tasso di indipendenza quali la Commissione e alla Corte di Giustizia secondo lo schema prevalente dell’ “integrazione negativa”. […]
Dato lo spazio limitato a disposizione svilupperò solo qualche riflessione in tema di possibilità di avere una piena ed effettiva rappresentanza politica nell’UE tralasciando le questioni relative all’organizzazione istituzionale e la proposta finale di Grimm.
Come abbiamo visto delle due tesi chiave di Grimm è quella relativa alla mancanza dei “presupposti sociali” della democrazia e dell’assenza di un radicamento sociale dei partiti europei che rende il PE non rappresentativo della comunità politica di riferimento. Analizziamo quindi questi due elementi per valutare la fondatezza complessiva della “tesi dell’impossibilità democratica dell’UE”.
Cosa intende Dieter Grimm per “presupposti sociali” della democrazia è presto detto. Pur senza nominarla mai è sufficientemente palese che Grimm collega inscindibilmente la presenza dei “presupposti sociali della democrazia” con l’esistenza di una nazione. […]
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Di seguito si riporta il sommario del saggio: 1. La proposta di Grimm 2. Riflessioni attorno alla tesi della mancanza a livello comunitario dei “presupposti sociali” della democrazia 3. Conclusioni