Signor Presidente della Repubblica, Autorità, care Signore Miesi e Maria Grazia, caro Professor Giovanni Bachelet, Illustri relatori, esprimo il mio cordiale ringraziamento al Professor Fulco Lanchester e al Professor Stefano Ceccanti, con il quale ho avuto l’onore e il piacere di condividere intense pagine di attività parlamentare, per avermi rivolto l’invito a prendere parte a questa giornata che assume un significato particolarmente rilevante, perché ci onora della sua presenza il Capo dello Stato, cui va il mio saluto e la mia gratitudine per aver voluto presenziare immediatamente, a pochi giorni dall’elezione, alla seduta del Consiglio Superiore della Magistratura che ha avuto luogo nella giornata di ieri. È un segno di attenzione e sensibilità del quale, Signor Presidente, La ringrazio pubblicamente.
Ringrazio, inoltre, il Prof. Giovanni Bachelet, insieme a tutta la famiglia, perché ha voluto riservarmi ricambiati sentimenti di amicizia, peraltro nutriti, oltreché dal ricordo di suo padre da una struggente testimonianza di cui mi ha fatto dono qualche giorno fa. […]
Quando Vittorio Bachelet fu barbaramente assassinato, avevo 21 anni e frequentavo la Facoltà di Giurisprudenza. Conservo un ricordo vivo del tragico evento e di tutta quella drammatica pagina della nostra Repubblica.
La passione civile e politica di quegli anni e l’avvio alla formazione giuridica, suscitarono in me un immediato interesse per la figura di Bachelet, pur in coincidenza di quel tragico evento.
Mai avrei potuto immaginare di avere l’onore di poter esercitare, 34 anni dopo, le delicate funzioni a difesa delle quali egli sarebbe stato colpito dalla violenza terroristica fino al sacrificio estremo della vita.
Pensavo già all’epoca di conoscere a sufficienza i tratti essenziali della personalità, dell’ispirazione culturale e dell’opera di Bachelet, ma l’organizzazione di questo evento e le numerose letture che l’hanno preceduto, il confronto con il Prof. Ceccanti, con Giovanni, con Rosy Bindi, mi hanno consentito di pormi oggi nella condizione di apprezzarne ancor di più le straordinarie doti e di trarne ispirazione preziosa per il duro lavoro che, con l’intero Consiglio Superiore, abbiamo di fronte.
Dal mio punto di osservazione, scelgo tre temi per tratteggiare la grandezza dell’opera di Bachelet alla guida del CSM.
Sono consapevole, naturalmente, di non dover cedere alla tentazione di indulgere in forzature “attualizzanti”, che risulterebbero inappropriate per la profonda diversità di fase e contesto storico.
Prendo le mosse proprio dalle parole pronunciate da Vittorio Bachelet, il 17 luglio 1978, nel corso della seduta del Consiglio Superiore della Magistratura cui prese parte il Presidente Sandro Pertini, appena eletto Capo della Stato.
Bachelet accenna alla difesa del valore dell’autonomia scolpito nell’articolo 104 della Costituzione, e mostra di intenderla come garanzia “dell’indipendenza e quindi dell’imparzialità dei giudici, tanto più necessaria in una fase di così profonda trasformazione della società e degli ordinamenti giuridici, nel cui travaglio la Magistratura non vuole essere un corpo separato ma neppure un “legno alla deriva”; un collegamento con la società e con le altre istituzioni dello Stato che consenta all’ordine giudiziario di rispondere meglio alla antica e nuova domanda di giustizia, ma anche di ottenere quegli strumenti – il cui apprestamento appartiene alla responsabilità di altri poteri dello Stato – che sono indispensabili per il funzionamento e la tempestività dell’amministrazione della giustizia”. […]
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Di seguito si riporta il sommario del saggio: 1. Introduzione 2. Ricordo di Bachelet nel 1980 e maggiore conoscenza di Bachelet oggi: motivi di ispirazione per il lavoro del Consiglio 3. Magistratura quale collegamento con la società e le altre Istituzioni: contesto storico nel quale operava la Magistratura negli anni ‘70 ed evoluzione dell’ordinamento giuridico italiano sul finire degli anni ‘70 4. L’attività di Bachelet al CSM 5. Conclusioni