Ha scritto Fulco Lanchester che Antonio Zorzi è stato uno dei componenti di quella “scuola tosco romana” del diritto pubblico, che ha caratterizzato, a suo avviso, la seconda metà del secolo scorso e della quale invece Paolo Grossi ha “amabilmente”(dice Fulco) negato l’esistenza.
Ho più ragioni per non schierarmi in questa disputa, ma è certo che Antonio non solo ha personalmente lavorato tra la Toscana e Roma – studente a Firenze, assistente e Roma, docente a Pisa- ma, prima di diventarlo lui stesso, è stato vicino a professori che a Roma erano arrivati dalla Toscana: Carlo Lavagna, professore a Pisa dove io ero stato suo studente, io stesso, che, cresciuto a Pisa, a Roma venni chiamato dopo Firenze, e infine Mario Galizia, fiorentino sempre, anche quando fu romano.
Né si è trattato di un fatto solamente geografico. Ha attinto a un metodo – imperniato sulla storia degli istituti giuridici – che proprio in Mario Galizia, negli anni giovanili di Antonio, aveva il suo massimo cultore. E quel metodo lo ha applicato fra gli altri a un tema, il diritto dell’economia, che in un altro pisano-romano, Massimo Severo Giannini, aveva avuto il maggior maestro. […]