“Legio septima decima nec a Tacito, nec a Dione memoratur. Videtur Variana clade a Germanis fuisse cæsa; inde ejus memoria sane obliterata.”. Così Tacito scrisse a proposito della sfortunata sorte della XVII legione romana che nell’anno domini 9 d.C. fu duramente sconfitta nella Battaglia della Foresta di Teutoburgo, in Bassa Sassonia, dove Publio Quintilio Varo vide cadere, sotto le armi di poche tribù germaniche comandate da Arminio, sei coorti di fanteria, tre ali di cavalleria ausiliaria oltre a tre legioni, tra cui, appunto, la XVII. Una disfatta pesantissima che a Roma creò non poca disapprovazione, la cui eco rimarrà salda nella storiografia romana, indicata, a memoria dei posteri, con la locuzione clades variana. A motivo di questo breve excursus si adduce la volontà – a dir il vero poco usuale – di collegamento tra la malchance generalmente riconosciuta al numero 17 con lo sventurato inizio della legislatura appena nata, indicata dal corrispondente numero ordinale. Il 15 marzo 2013, infatti, a seguito delle consultazioni politiche tenutesi il 24 e 25 febbraio scorso, è iniziata la XVII legislatura che, a beffa di scettici e agnostici, si è aperta tra non poche difficoltà e turbolenze.
Allo stesso tempo però, gli amanti della numerologia potrebbero benissimo addure l’ambivalente significato del numero XVII: da un lato funesto, perché indicante malasorte e, dall’altro, edificante e positivo, poiché rappresentante invece della speranza, dell’armonia e della grazia dell’universo. E, strano ma vero, proprio nel significato esoterico e magico di questo fatidico numero si rintracciano le caratteristiche della nostra attuale XVII legislatura. Sicuramente i più ortodossi aborriranno al sapore aspro – perché poco scientifico e convenzionale – di quest’incipit, e saranno forse d’accordo gli scienziati della politica più avvezzi al détournement della società che inevitabilmente investe le istituzioni. È cosa ovvia e risaputa, infatti, che queste registrino i cambiamenti societari sempre con qualche momento di ritardo, per logici motivi ontologici e consustanziali: le sedi istituzionali sono naturalmente soggette a censire in differita le comuni metamorfosi societarie e necessitano di tempo per adattarsi a queste, sia nella rappresentanza che nel loro enorme bagaglio di regole, procedure e prassi.
E non è una novità che la prima istituzione che, da sempre, è in grado di registrare subito queste o quelle evoluzioni e/o involuzioni della società civile è il Parlamento, luogo di prima accoglienza delle istanze sociali dove, seppur in alcuni casi deviata dagli artifizi di formule elettorali maggioritarie, la rappresentanza sociale incontra la sua rappresentanza politica strictu senso.
Le ultime elezioni sono state il termometro di una febbre societaria che da tempo infetta il nostro Paese: una febbre che, forse, viene da lontano, dalla mai conclusa crisi di regime de ’92 -’94, esplosa con tutta la sua forza dopo l’espandersi della crisi economica perché, come è noto, le crisi economiche sono spesso veicolo di crisi politiche già aleggianti (il riferimento al ’29 è tutt’altro che casuale). Sicché nelle elezioni del 24-25 febbraio 2013 hanno vinto di fatto le istanze di rinnovo della classe politica italiana, ritenuta nel suo complesso responsabile del crollo economico italiano che ha portato alle misure emergenziali dell’austerity che hanno definitivamente messo in ginocchio l’Italia. […]
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Di seguito si riporta il sommario del saggio: 1. Premessa 2. Le liste elettorali alla prova del restyling tra volti nuovi e vecchi dirigenti 3. La rigenerazione politica dei gruppi parlamentari della XVII Legislatura 4. Un parlamento rosa e verde 5. Conclusioni 6. Appendice