“Why do some democracies respond to the dilemma posed by anti-system parties by banning them, while other democracies do not?” (p. 2). Questa domanda è posta al centro dello studio sul divieto dei partiti politici dalla prof.ssa della Roskilde University (Danimarca) Angela Bourne, la quale nel suo recente volume “Democratic Dilemmas: Why democracies ban political parties”, pur non proponendo una risposta definitiva al problema, tenta di svelare alcuni paradossi ad esso legati.
La difesa della democrazia dai partiti antisistema è uno degli argomenti classici nella dottrina giuspubblicistica, data la sempre maggiore circolazione del modello di “democrazia protetta” caratterizzato dalla specifica disciplina di difesa, a livello costituzionale o legislativo, dall’“opposizione antisistema”. Ancora oggi la questione delle misure applicabili contro le tendenze eversive nelle democrazie pluraliste rappresenta un argomento “caldo”: infatti, si pensa come le istituzioni democratiche contemporanee vengano messe, se non in crisi, sicuramente sotto stress dai pericoli emergenti, come la crescita delle forze populiste. Se lo scioglimento del partito antisistema rappresenta una extrema ratio, allora quali sono le misure alternative per la protezione della rappresentanza, e, ancora più rilevante, quali sono le motivazioni di fondo che determinano la necessità di ricorso al divieto e non ad altre strategie? Il volume recensito esamina come le democrazie europee risolvano i dilemmi che i partiti anti-sistema pongono di fronte alle comunità democratiche: controllo o autonomia, “sicurezza vs libertà”, esclusione dal dibattito o integrazione nel sistema, divieto o altre misure? Più specificatamente, l’Autore cerca di rispondere al perché le moderne democrazie prendano la decisione di bandire i partiti politici […]