L’analisi del quadrimestre gennaio-aprile 2019 non può prescindere, relativamente all’ordinamento israeliano, da uno studio della recente tornata elettorale del 9 aprile, che, secondo quanto riportato dal Comitato Elettorale Centrale, ha visto una affluenza del 68,46% degli aventi diritto e un totale di 4-340.253 voti validi. I molti risultati delle urne hanno infatti sancito, con una buona dose di prevedibilità, la vittoria del Likud di Benjamin Netanyahu, che, con 1.140.370 voti validi ricevuti (il 26,46%), ha già ottenuto dal Presidente Rivlin il mandato per la formazione del suo quinto mandato, il quarto consecutivo.
Proprio a causa degli avvenimenti che avevano decretato lo scioglimento anticipato della 20a Knesset e il ritorno prima del tempo alle urne (le elezioni erano infatti originariamente programmate per novembre 2019), le elezioni politiche appena trascorse si sono trasformate in un vero e proprio referendum sulla leadership di Netanyahu, che con buona probabilità riuscirà a formare il prossimo Esecutivo dello Stato di Israele. Nonostante le divisioni presenti nella sua maggioranza (forti infatti furono gli scontri tra le formazioni di destra più laica come Ysrael Beitenu e le varie fazioni ultraortodosse sul tema della coscrizione militare dei haredim), e le pressanti indagini penali sul suo conto, sotto la leadership di Netanyahu si prepare una nuova (e vecchia) maggioranza pronta per guidare nuovamente la Knesset sul filo sottile di numeri tutt’altro che ampli. Sebbene le consultazioni siano ancora in atto, non è sbagliato ipotizzare che la nuova coalizione di maggioranza non sarà molto distante dal passato Governo di Netanyahu, comprendendo, seppure adesso con un peso maggiore (entrambi avranno ora 8 seggi) i partiti ultra-ortodossi Shas e United Torah Judaism (UTJ), oltre che Yisrael Beiteinu di Avigdor Lieberman e il partito Kulanu dell’ex Ministro delle Finanze Moshe Kahlon. Anche l’alleanza United Right (URWP) – che comprende i tre partiti di orientamento sionista-nazionalista Habayt Hayehudì, Tkumà e Otzma Yehudit – dovrebbe essere parte del nuovo esecutivo. […]