Come già ampiamente previsto in questa rubrica, il quadrimestre preso in esame, quello relativo a settembre-dicembre 2018, ha visto l’acuirsi delle tensioni interne alla maggioranza di Governo e al dibattito parlamentare in genere, culminando nella decisione, arrivata il 24 dicembre, di mettere fine dell’Esecutivo Netanyahu e convocare nuove elezioni politiche anticipate che, come dichiarato dallo speaker della Knesset Edelstein, si terranno il 9 aprile 2019. Come facilmente intuibile, il periodo analizzato e il ritorno alle urne con ben otto mesi in anticipo rispetto alla naturale scadenza della Knesset, prevista infatti a novembre 2019, vede molte rotture tra le coalizioni partitiche esistenti e la nascita di nuove piattaforme che, indipendentemente dall’appartenenza ideologica, delineano in termini elettorali una situazione inedita e piena di incognite.
La fuoriuscita di leader carismatici come Bennet e Shaked dalla loro “creatura”, il partito di destra religiosa Habayt Hayehudì, e la brusca fine della coalizione Machanè Tzionì con le sue due anime, Avodà e Hatnuà, ora alla ricerca di nuovi alleati, sono certamente gli elementi di maggiore interesse per comprendere come l’ordinamento israeliano, da sempre caratterizzato da forte instabilità e da un multipartitismo esasperato, si prepari alle prossime elezioni politiche.
Quali gli elementi scatenanti dell’ennesima crisi? Come già descritto in questa sede, la quarta esperienza di Governo di Netanyahu navigava a vista da diversi mesi, scontrandosi quotidianamente con problematiche interne ed esterne alla Knesset. Lo scontro militare con i militanti palestinesi del mese di novembre, a cui ha fatto seguito una discussa operazione militare israeliana in cui sono morti diversi soldati dello Stato ebraico, si è conclusa con un cessate il fuoco che ha provocato le dimissioni del Ministro della Difesa Avigdor Liberman […]